Le dichiarazioni accusatorie rese alla GdF sono utilizzabili se al momento del rilascio ancora non emergeva l’illecito penale
In tema di reati tributari, sono utilizzabili le dichiarazioni accusatorie rese alla Guardia di Finanza, se ancora non emergeva l’illecito penale (Cassazione penale, Sez. III, 04/06/2019, n. 31223)
La sentenza in commento segue ad altre che, di recente, hanno affrontato la questione della utilizzabilità delle dichiarazioni rese nel corso delle operazioni di verifica fiscale della Guardia di Finanza, poi trasfuse nel pvc, con riferimento alla interpretazione dell’art. 220 disp. att. c.p.p. e degli artt. 63 e 64 c.p.p..
Vi è un contrasto giurisprudenziale sul tipo di sanzione che colpisce l'attività svolta in violazione dell'art. 220 disp. att. c.p.p. .
Secondo un primo orientamento, è causa di inutilizzabilità dei risultati probatori la violazione delle disposizioni del codice di procedura penale la cui osservanza, nell'ambito di attività ispettive o di vigilanza, è prevista per assicurare le fonti di prova in presenza di indizi di reato: v. Sez. III, 10 febbraio 2010, n. 15372, in C.E.D. Cass., n. 246599 (nello stesso senso, cfr. Sez. III, del 2 ottobre 2014, n. 3207, ivi, n. 262010). È interessante notare come tale orientamento si sia affermato principalmente con riferimento al processo verbale di constatazione redatto dalla Guardia di finanza: si vedano sul punto: Sez. III, 18 novembre 2008, ivi, n. 242523.
Un secondo orientamento ritiene che l'attività ispettiva o di vigilanza svolta in violazione dell'art. 220 disp. att. c.p.p. determini una nullità d'ordine generale ai sensi dell'art. 178 c.p.p. lett. c): v., ex plurimis, Sez. V, 27 luglio 2010, n. 38393, in C.E.D. Cass., n. 248911; cfr., nello stesso senso, più di recente, Sez. III, 24 maggio 2016, n. 5235, ivi, n. 269213.
La massima che si annota sembra innestarsi nell'ambito di tale contrasto scegliendo una terza via.
La Corte, infatti, sembrerebbe affermare che, per determinare il tipo di invalidità che investe l'atto, bisogna fare riferimento alla specifica norma del codice che si assume essere stata violata; conseguentemente, il tipo d'invalidità derivante dalla violazione dell'art. 220 disp. att. c.p.p. non può -a parere dei giudici di legittimità- essere predeterminata.
In tema di reati tributari, sono utilizzabili le dichiarazioni accusatorie rese alla Guardia di Finanza, se ancora non emergeva l’illecito penale. La Suprema Corte ha ricordato che, nella fase amministrativa delle verifiche fiscali, volte all’acquisizione di dati relativi al presunto inadempimento di un contribuente, in caso di emersione di indizi di reità la prosecuzione della raccolta dei dati deve avvenire nel rispetto delle disposizioni del Codice di procedura penale. Tuttavia, l’obbligo scatta soltanto quando, sulla base dei dati raccolti, siano già stati individuati tutti i profili costitutivi della fattispecie penale.
Infatti, “il processo verbale di constatazione redatto dalla Guardia di finanza, in quanto atto amministrativo extraprocessuale, costituisce prova documentale e, qualora emergano indizi di reato, occorre procedere secondo le modalità previste dall'art. 220 disp. att., giacchè altrimenti la parte del documento redatta successivamente a detta emersione non può assumere efficacia probatoria e, quindi, non è utilizzabile (Sez. 3, n. 15372 del 10/02/2010, Fiorillo, Rv. 246599; Sez. 3, n. 6881 del 18/11/2008, Ceragioli, Rv. 242523). Ne consegue che la parte di documento compilata prima dell'insorgere degli indizi, ha sempre efficacia probatoria ed è utilizzabile, mentre non è tale quella redatta successivamente, qualora non siano state rispettate le disposizioni del codice di rito […]. Il presupposto per l'operatività dell'art. 220 disp. att. c.p.p., cui segue il sorgere dell'obbligo di osservare le disposizioni del codice di procedura penale per assicurare le fonti di prova e raccogliere quant'altro possa servire ai fini dell'applicazione della legge penale, è costituito dalla sussistenza della mera possibilità di attribuire comunque rilevanza penale al fatto che emerge dall'inchiesta amministrativa e nel momento in cui emerge, a prescindere dalla circostanza che esso possa essere riferito ad una persona determinata (Sez. 3, n. 15372 del 10/02/2010, Fiorillo, Rv. 246599; Sez. Un., 28/11/2004, n. 45477, Raineri, Rv 220291; Sez. 2, 13/12/2005, n. 2601, Cacace, Rv. 233330)".
Quanto al momento a partire dal quale sorge l'obbligo di osservare le norme del codice di procedura penale e, dunque, diviene operativo l'art. 220 disp. att. c.p.p., da parte di chi svolge attività ispettiva, occorre muovere dalle citate Sezioni Unite Ranieri, che hanno chiarito che il presupposto dell'operatività della norma sia non l'insorgenza di una prova indiretta, quale indicata dall'art. 192 c.p.p., bensì la sussistenza della mera possibilità di attribuire comunque rilevanza penale al fatto che emerge dall'inchiesta amministrativa e nel momento in cui emerge, a prescindere dalla circostanza che esso possa essere riferito ad una persona determinata (Sez. U, n. 45477 del 28/11/2001, Raineri, Rv. 220291).
Da cui il corollario che la rilevanza penale del fatto, pur nei limiti indicati dal citato arresto, deve emergere in tutti i suoi elementi costituitivi tra i quali, avuto riguardo alla fattispecie concreta contestata di omessa denuncia, D.Lgs. 10 marzo 2000, n. 74, ex art. 5, il superamento della soglia di punibilità che costituisce elemento costitutivo del reato (Sez. 3, n. 7000 del 23/11/2017, Venturini, Rv. 272578 - 01; Sez. 3, n. 35611 del 16/06/2016, Monni, Rv. 268007 - 01). Occorre, in altri termini, che nell'inchiesta amministrativa sia già delineato, nei termini indicati dalle citate Sezioni Unite, un fatto di rilievo penale inteso, questo, nella sua completezza, come descritto nella fattispecie normativa.
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Fatto
RITENUTO IN FATTO
1. Con l'impugnata ordinanza, il Tribunale del riesame di Santa Maria Capua Vetere ha respinto la richiesta di riesame proposta da D.V.A., avverso il decreto di sequestro preventivo finalizzato alla confisca diretta e per equivalente, emesso dal Giudice delle indagini preliminari del medesimo Tribunale, in relazione al reato di cui al D.Lgs. 10 marzo 2000, n. 74, art. 5, eseguito mediante sequestro di un immobile del ricorrente.
All'indagato è contestato il reato di cui al D.Lgs. 10 marzo 2000, n. 74, art. 5, in relazione alla omessa dichiarazione delle imposte sui redditi, per all'anno 2016, al fine di evaderle, quale amministratore di fatto della società Nuova Italia srl, ed essendo già stato amministratore unico fino al 13 settembre 2017. Fatto commesso nel (OMISSIS).
2. Avverso l'ordinanza ha presentato ricorso, ex art. 311 c.p.p., il difensore di fiducia del D.V., e ne ha chiesto l'annullamento per i seguenti motivi enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione come disposto dall'art. 173 disp.att. c.p.p..
2.1. Con il primo motivo deduce la violazione di legge processuale in relazione agli artt. 191,192,63,64,350 c.p.p. e il vizio di omessa motivazione. Sostiene il ricorrente la carenza di motivazione in relazione all'eccezione difensiva di inutilizzabilità delle dichiarazioni etero accusatorie rese da D.D.A., nel corso delle operazioni di verifica fiscale della Guardia di Finanza, in data 21/06/2018, poi trasfuse nel pvc del 19/09/2018, in violazione dell'art. 220 disp. att. c.p.p., e degli artt. 63 e 64 c.p.p., dichiarazioni neppure allegate al pvc che ne riporterebbe solo alcuni stralci.
Al momento in cui il D.D. era stato sentito, in merito ai rapporti di conoscenza con il D.V., erano già sussistenti gli indizi di reità in relazione al reato ipotizzato, avendo il D.D. già omesso la presentazione della dichiarazione dei redditi, sicchè le sue dichiarazioni sarebbero radicalmente inutilizzabili, per violazione degli artt. 220 disp. att. c.p.p., perchè rese senza le garanzie difensive e senza l'osservanza degli artt. 63 - 64 c.p.p..
2.2. Con il secondo motivo deduce la violazione dell'art. 220 disp. att. c.p.p., e motivazione apparente in relazione all'eccezione difensiva di inutilizzabilità delle dichiarazioni del D.D. che attribuivano la qualifica di amministratore di fatto, in capo al D.V., della Nuova Italia srl, dichiarazioni rese allorchè erano già emersi indizi di reità nei suoi confronti, e all'omessa valutazione del pvc del 21/06/2018, non allegato all'informativa di p.g..
3. Il Procuratore Generale ha concluso chiedendo l'inammissibilità del ricorso.
Diritto
CONSIDERATO IN DIRITTO
4. Il ricorso non mostra ragioni di fondatezza e va, pertanto, rigettato.
5. Le doglianze formulate nei due motivi di ricorso, che possono essere trattate congiuntamente, incentrate sull'inutilizzabilità della dichiarazione etero accusatorie rese dal coindagato D.D., acquisite nell'ambito di un'attività di verifica e perciò governata dalle regole dettate dall'art. 220 disp. att. c.p.p., sono infondate.
E', indubbio che, a norma dell'art. 220 disp. att. c.p.p., quando nel corso di attività ispettive o di vigilanza previste da leggi o decreti emergano indizi di reato, gli atti necessari per assicurare le fonti di prova e raccogliere quant'altro possa servire per l'applicazione della legge penale, devono essere compiuti con l'osservanza delle disposizioni del codice.
In tale ambito si è chiarito che il processo verbale di constatazione redatto dalla Guardia di finanza, in quanto atto amministrativo extraprocessuale, costituisce prova documentale e, qualora emergano indizi di reato, occorre procedere secondo le modalità previste dall'art. 220 disp. att., giacchè altrimenti la parte del documento redatta successivamente a detta emersione non può assumere efficacia probatoria e, quindi, non è utilizzabile (Sez. 3, n. 15372 del 10/02/2010, Fiorillo, Rv. 246599; Sez. 3, n. 6881 del 18/11/2008, Ceragioli, Rv. 242523). Ne consegue che la parte di documento compilata prima dell'insorgere degli indizi, ha sempre efficacia probatoria ed è utilizzabile, mentre non è tale quella redatta successivamente, qualora non siano state rispettate le disposizioni del codice di rito.
Il presupposto per l'operatività dell'art. 220 disp. att. c.p.p., cui segue il sorgere dell'obbligo di osservare le disposizioni del codice di procedura penale per assicurare le fonti di prova e raccogliere quant'altro possa servire ai fini dell'applicazione della legge penale, è costituito dalla sussistenza della mera possibilità di attribuire comunque rilevanza penale al fatto che emerge dall'inchiesta amministrativa e nel momento in cui emerge, a prescindere dalla circostanza che esso possa essere riferito ad una persona determinata (Sez. 3, n. 15372 del 10/02/2010, Fiorillo, Rv. 246599; Sez. Un., 28/11/2004, n. 45477, Raineri, Rv 220291; Sez. 2, 13/12/2005, n. 2601, Cacace, Rv. 233330).
Quanto al momento a partire dal quale sorge l'obbligo di osservare le norme del codice di procedura penale e, dunque, diviene operativo l'art. 220 disp. att. c.p.p., da parte di chi svolge attività ispettiva, occorre muovere dalle citate Sezioni Unite Ranieri che hanno chiarito che il presupposto dell'operatività della norma sia non l'insorgenza di una prova indiretta, quale indicata dall'art. 192 c.p.p., bensì la sussistenza della mera possibilità di attribuire comunque rilevanza penale al fatto che emerge dall'inchiesta amministrativa e nel momento in cui emerge, a prescindere dalla circostanza che esso possa essere riferito ad una persona determinata (Sez. U, n. 45477 del 28/11/2001, Raineri, Rv. 220291).
Da cui il corollario che la rilevanza penale del fatto, pur nei limiti indicati dal citato arresto, deve emergere in tutti i suoi elementi costituitivi tra cui, avuto riguardo alla fattispecie contestata di omessa denuncia, D.Lgs. 10 marzo 2000, n. 74, ex art. 5, il superamento della soglia di punibilità che costituisce elemento costitutivo del reato (Sez. 3, n. 7000 del 23/11/2017, Venturini, Rv. 272578 - 01; Sez. 3, n. 35611 del 16/06/2016, Monni, Rv. 268007 - 01). Occorre, in altri termini, che nell'inchiesta amministrativa sia già delineato, in termini indicati dalle citate Sezioni Unite, un fatto di rilievo penale inteso questo nella sua completezza come descritto nella fattispecie normativa.
6. Così poste le coordinate interpretative, il Tribunale cautelare ha evidenziato, quanto al fumus del reato, che il ricorrente D.V.A. era stato amministratore e socio unico della Nuova Italia srl, fino al 13 settembre 2017, essendosi dimesso e sostituito nella carica di amministratore da D.D.A.; che la sostituzione nella carica era avvenuta prima della scadenza dei termini per la presentazione della dichiarazioni dei redditi, dichiarazione omessa alla scadenza, nel gennaio 2018, momento nel quale la carica formale era in capo al nuovo amministratore D.D.A.. Ha poi evidenziato che, dagli accertamenti della Guardia di Finanza, la società era rimasta inattiva dal momento della sostituzione dell'amministratore, da cui ha tratto il convincimento che l'amministratore nominato ( D.D.) era un mero uomo di paglia e che la gestione era imputabile al precedente amministratore ( D.V.) pur dimessosi poco prima (settembre 2017) come confermato dalle dichiarazioni rese D.D., nel corso dell'attività amministrativa della Guardia di Finanza, dichiarazioni su cui si appunta la censura di inutilizzabilità per violazione dell'art. 220 disp. att. c.p.p., e artt. 63 e 64 c.p.p..
In tale ambito, il tribunale cautelare, contrariamente all'assunto difensivo, ha escluso la violazione citata dal momento che solo a seguito degli accertamenti in ordine ai costi deducibili o meno su cui vi era controversia, il Pubblico Ministero accertava all'ammontare dell'evasione di imposta relativa all'Ires superiore al limite previsto dal D.Lgs. 10 marzo 2000, n. 74, art. 5, per l'anno 2016.
Al momento dell'assunzione delle dichiarazioni rese dal D.D., non risultava accertato il superamento della soglia di punibilità, e dunque, l'attività svolta dalla Guardia di Finanza di assunzione di informazioni da parte del D.D., nell'ambito dell'indagine amministrativa, era legittima e non posta in violazione dell'art. 220 disp. att. c.p.p., e degli artt. 63 e 64c.p.p..
Infine, rileva, il Collegio che la censura è, sul punto, anche aspecifica e il motivo è privo di autosufficienza in merito al superamento della soglia di punibilità nel momento in cui il D.D. ha reso le dichiarazioni etero accusatorie. E' principio pacifico che quando con il ricorso per cassazione si lamenti, come nella specie, l'inutilizzabilità di un elemento a carico, il motivo di ricorso deve allegare, a pena di inammissibilità per aspecificità, il fatto da cui trae la sanzione processuale.
7. Il ricorso, pertanto, deve essere rigettato e il ricorrente deve essere condannato al pagamento delle spese processuali.
PQM
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, il 4 giugno 2019.
Depositato in Cancelleria il 16 luglio 2019
Documenti correlati
Documenti stessa classificazione
Cassazione penale sez. III, 23/10/2018, (ud. 23/10/2018, dep. 05/12/2018), n.54379
Massime
Documenti correlati
Intestazione
Fatto
RITENUTO IN FATTO
1. Con l'impugnata sentenza, la Corte d'appello di Milano, previa dichiarazione di non doversi procedere, nei confronti di G.C., in relazione al reato di cui al D.Lgs. 10 marzo 2000, n. 74, art. 2 (capo A), perchè estinto per prescrizione, ed escluso l'aumento di pena per la continuazione con il capo C, erroneamente calcolata dal primo giudice in assenza di una formale imputazione del reato a carico del G., ha ridotto la pena al medesimo inflitta, nella misura di anni uno e mesi nove di reclusione, in relazione al reato di cui al D.Lgs. 10 marzo 2000, n. 74, art. 2 (Dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture per operazioni inesistenti) di cui ai capi B e D, per agli anni di imposta 2009 e 2010. Reati commessi il (OMISSIS).
1.1. Secondo quanto accertato nelle conformi sentenze di merito, era risultato accertato, sulla scorta del processo verbale di constatazione della guardia di finanza e delle deposizioni testimoniali, che l'imputato, firmatario delle dichiarazioni dei redditi della società VITALI spa e legale rappresentante della stessa, al fine di evadere le imposte sui redditi e sul valore aggiunto, utilizzando fatture relative ad operazioni oggettivamente inesistenti (meglio descritte nei capi di imputazione), in quanto mai effettuati i lavori indicati da parte dell'emittente ESSEMME COSTRUZIONI sas, indicava nelle medesime dichiarazioni relative agli anni di imposta 2009 e 2010, elementi passivi fittizi.
2. Avverso la sentenza ha presentato ricorso l'imputato, a mezzo del difensore di fiducia, e ne ha chiesto l'annullamento per i seguenti motivi enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione, come disposto dall'art. 173 disp. att. c.p.p., comma 1:
2.1. Con il primo motivo deduce la violazione di cui all'art. 606 c.p.p., comma 1, lett. a), b) ed e) in relazione all'art. 234 c.p.p. e all'art. 220 disp. att. c.p.p..
La Corte d'appello avrebbe erroneamente ritenuto acquisibile al fascicolo del dibattimento, in quanto atto irripetibile, e utilizzabile il processo verbale di contestazione della Guardia di Finanza, redatto in occasione della verifica fiscale della società e, con la sua utilizzazione nei confronti del ricorrente, avrebbe violato il disposto di legge secondo cui qualora nel processo verbale di constatazione redatto dalla Guardia di Finanza emergano indizi di reato, occorre procedere secondo le modalità previste dall'articolo 220 disp. att. c.p.p., in quanto la parte del documento redatto successivamente all'emersione degli indizi di reità non potrebbe avere efficacia probatoria e non potrebbe essere utilizzato nei confronti del terzo. La produzione documentale dell'intera attività ispettiva, iniziata nel 2012 con trasmissione della comunicazione della notizia di reato alla Procura di Bergamo, avrebbe condizionato irrimediabilmente il libero convincimento del giudice.
2.2. Con il secondo motivo deduce la violazione di legge in relazione al D.Lgs. 10 marzo 2000, n. 74, art. 2, e il correlato vizio di motivazione in relazione alla prova del dolo di evasione.
2.3. Con il terzo motivo deduce la violazione di legge e il vizio di motivazione in relazione al diniego di riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche fondato su ragionamento illogico (il mancato pentimento).
3. Il Procuratore generale ha concluso chiedendo l'inammissibilità del ricorso.
Diritto
CONSIDERATO IN DIRITTO
4. Il ricorso è inammissibile perchè prospetta, in parte, motivi manifestamente infondati e, in parte, generici.
5. Il primo motivo di ricorso è manifestamente infondato, e anche in parte generico, perchè contrario all'orientamento consolidato di Questa Corte di legittimità.
E', indubbio che, a norma dell'art. 220 disp. att. c.p.p., quando nel corso di attività ispettive o di vigilanza previste da leggi o decreti emergano indizi di reato, gli atti necessari per assicurare le fonti di prova e raccogliere quant'altro possa servire per l'applicazione della legge penale debbano essere compiuti con l'osservanza delle disposizioni del codice.
Il processo verbale di constatazione redatto dalla Guardia di finanza, in quanto atto amministrativo extraprocessuale, costituisce prova documentale anche nei confronti di soggetti non destinatari della verifica fiscale (la cui natura non muta sia che venga acquisito quale atto irripetibile, come ritenuto da una risalente pronuncia, Sez. 3, n. 36399 del 18/05/2011, Aponte, Rv. 251235, ovvero quale prova acquisibile ex art. 234 c.p.p., come affermato in epoca più recente da Sez. 3, n. 6881 del 18/11/2008, Ceragioli, Rv. 242523).
Tuttavia, qualora emergano indizi di reato, occorre procedere secondo le modalità previste dall'art. 220 disp. att. c.p.p., giacchè altrimenti la parte del documento redatta successivamente a detta emersione non può assumere efficacia probatoria e, quindi, non è utilizzabile (Sez. 3, n. 15372 del 10/02/2010, Fiorillo, Rv. 246599; Sez. 3, n. 6881 del 18/11/2008, Ceragioli, Rv. 242523). Ne consegue che la parte di documento compilata prima dell'insorgere degli indizi, ha sempre efficacia probatoria ed è utilizzabile, mentre non è tale quella redatta successivamente, qualora non siano state rispettate le disposizioni del codice di rito. Il presupposto per l'operatività dell'art. 220 disp. att. c.p.p., cui segue il sorgere dell'obbligo di osservare le disposizioni del codice di procedura penale per assicurare le fonti di prova e raccogliere quant'altro possa servire ai fini dell'applicazione della legge penale, è costituito dalla sussistenza della mera possibilità di attribuire comunque rilevanza penale al fatto che emerge dall'inchiesta amministrativa e nel momento in cui emerge, a prescindere dalla circostanza che esso possa essere riferito ad una persona determinata (Sez. 3, n. 15372 del 10/02/2010, Fiorillo, Rv. 246599; Sez. Un., 28.11.2004, n. 45477, Raineri, Rv 220291; Sez. 2, 13/12/2005, n. 2601, Cacace, Rv. 233330).
Non di meno, la violazione dell'art. 220 disp. att. c.p.p., non determina automaticamente l'inutilizzabilità dei risultati probatori acquisiti nell'ambito di attività ispettive o di vigilanza, ma è necessario che l'inutilizzabilità o la nullità dell'atto sia autonomamente prevista dalle norme del codice di rito a cui l'art. 220 disp. att. c.p.p. rimanda (Sez. 3, n. 6594 del 26/10/2016, Pelini, Rv. 269299). Diversamente opinando, si giungerebbe a ritenere l'inutilizzabilità di tutti i risultati probatori e gli altri risultati della verifica dopo la comunicazione della notizia di reato, situazione, all'evidenza priva di fondamento.
Non, dunque, la generica violazione dell'art. 220 disp. att. c.p.p. può essere dedotta, occorrendo la specifica indicazione della violazione codicistica che avrebbe determinato l'inutizzabilità con riguardo ai singoli atti compiuti dalla Guardia di Finanza e riportati nel processo verbale di constatazione redatto dalla medesima.
Sotto questo profilo la censura appare manifestamente infondata nella misura in cui il ricorrente argomenta la violazione di legge sulla scorta del sillogismo ovvero dalla comunicazione notizia di reato nei confronti di un soggetto trae la inutilizzabilità di tutti gli atti compiuti nel corso della verifica a partire da quel momento, e connotata da genericità nella misura in cui, ferma la non contestazione dei risultati del p.v.c., non ha dedotto le violazioni codicistiche che avrebbero determinato l'inutilizzabilità degli indizi acquisiti a sostegno dell'ipotesi accusatoria emersi, e ciò in quanto l'inutilizzabilità o nullità dell'atto, che deve essere specificatamente indicato, deve essere autonomamente prevista dalle norme del codice di procedura penale, cui l'art. 220, cit., rimanda.
Infine, rileva, il Collegio, che la sentenza impugnata, nel respingere la censura difensiva, aveva rilevato che il giudice di primo grado aveva fondato il suo convincimento principalmente su elementi diversi dal contenuto del p.v.c., motivazione rispetto alla quale il ricorrente non si confronta.
6. Alla stessa sorte non si sottrae il secondo motivo di ricorso con cui si denuncia il vizio di motivazione in relazione alla prova del dolo di evasione che, secondo la prospettazione difensiva, sarebbe insussistente in ragione dell'effettività dei rapporti commerciali tra la Vitali spa e Essemme srl con particolare riferimento al cantiere di (OMISSIS).
La sentenza impugnata, in continuità con quella del Tribunale, ha argomentato puntualmente il carattere fittizio delle operazioni oggetto della fattura n. (OMISSIS), relative al contratto di appalto tra le due società, la cui inesistenza è fondata sulla documentazione e corroborata dalle dichiarazioni di diversi testi (pag. 4) e, parimenti, di quelle oggetto delle fatture n. 204 e 25 del 2009; allo stesso modo anche l'oggetto della fattura n. 111 del 2010 è stato ritenuto inesistente sulla scorta delle dichiarazioni rese che hanno escluso che il nolo a freddo fosse una modalità di noleggio tra le due società e i cui importi differiscono nelle indicazione nelle contabilità delle società, e quello relativo alle fatture n. (OMISSIS) aventi ad oggetto attività di consulenza desunto dalla circostanza della diversa registrazione delle fatture nella contabilità delle due società, sicchè ora, al netto della implicita richiesta di inammissibile rivalutazione degli elementi di fatto volta a contestare il carattere fittizio delle operazioni, la motivazione sul dolo specifico di evasione è congrua e non manifestamente illogica, in quanto l'evasione, secondo la sentenza impugnata, era obiettivo strettamente connesso all'attività di indicazione di elementi fittizi passivi nelle dichiarazioni di imposta allo scopo di ridurre il carico fiscale e ciò anche con riferimento alla rifatturazione attiva che è stata ritenuta elemento neutro in quanto "parziale" e dunque non in grado di sovvertire il dolo del reato. Alcuna illogicità manifesta è predicabile.
7. Il terzo motivo di ricorso con cui si censura il vizio di motivazione in relazione al diniego di riconoscimento delle circostanze di cui all'art. 62 bis c.p. è connotato da aspecificità e, come tale, inammissibile ex artt. 581 e 591 c.p.p..
Se può convenirsi con la difesa che il "mancato pentimento" non può essere assunto a motivo di esclusione delle menzionate attenuanti, non di meno, le circostanze attenuanti generiche, come è noto, richiedono, per il loro riconoscimento, l'individuazione di elementi positivi idonei a giustificare un più mite trattamento sanzionatorio, elementi che il ricorrente non indica.
Come questa Corte ha più volte affermato, le circostanze attenuanti generiche hanno lo scopo di estendere le possibilità di adeguamento della pena in senso favorevole all'imputato, in considerazione di situazioni e circostanze che effettivamente incidano sull'apprezzamento dell'entità del reato e della capacità a delinquere dello stesso, sicchè il riconoscimento di esse richiede la dimostrazione di elementi di segno positivo (Sez. 3, n. 19639 del 27/01/2012, Gallo e altri, Rv. 252900). Il riconoscimento o meno di tale circostanza è un giudizio di fatto che compente alla discrezionalità del giudice, sottratto al controllo di legittimità, in presenza di congrua motivazione. Ne consegue che, quando la relativa richiesta non specifica gli elementi e le circostanze che, sottoposti alla valutazione del giudice, possano convincerlo della fondatezza e legittimità dell'istanza - l'onere di motivazione per il diniego dell'attenuante è soddisfatto con il richiamo alla ritenuta assenza dagli atti di elementi positivi su cui fondare il riconoscimento del beneficio (Sez. 3, n. 9836 del 17/11/2015, Piliero, Rv. 266460; Sez. 3, n. 44071, del 25/09/2014, Papini e altri, Rv. 260610).
A tali principi si è attenuta la corte milanese che ha fondato il diniego di riconoscimento delle menzionate attenuanti sull'assenza di elementi positivi a cui poter ancorare un più mite trattamento sanzionatorio (pag. 6), elementi positivi non indicati dal ricorrente che si è limitato a censurare l'ulteriore profilo di diniego correlato alla mancata resipiscenza.
8. Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile e il ricorrente deve essere condannato al pagamento delle spese processuali. Alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso consegue l'obbligo del pagamento delle spese processuali e, alla luce della sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale e rilevato che, nella fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che "la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità", alla declaratoria dell'inammissibilità medesima consegue, a norma dell'art. 616 c.p.p., l'onere delle spese del procedimento nonchè quello del versamento della somma, in favore della Cassa delle ammende, equitativamente fissata in Euro 2.000,00.
PQM
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 2.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.
Così deciso in Roma, il 23 ottobre 2018.
Depositato in Cancelleria il 5 dicembre 2018
Massime Correlate
Cassazione penale sez. III, 26/10/2016, n.6594
Inammissibilità del ricorso in cui non sono dedotte le violazioni che comportano delle prove acquisite nelle attività ispettive
Sentenza
Documenti correlati
PROVA - Utilizzazione della prova - Attività ispettive o di vigilanza - Indizi di reato - Osservanza delle disposizioni del codice a cui l'art. 220 disp. att. c.p.p. rimanda - Necessità.
La violazione dell'art. 220 disp. att. c.p.p. non determina automaticamente l'inutilizzabilità dei risultati probatori acquisiti nell'ambito di attività ispettive o di vigilanza, ma è necessario che l'inutilizzabilità o la nullità dell'atto sia autonomamente prevista dalle norme del codice di rito a cui l'art. 220 disp. att. rimanda. (Nella specie la Corte ha dichiarato inammissibile il ricorso poiché i ricorrenti non avevano indicato né dedotto le violazioni codicistiche che avrebbero determinato l'inutilizzabilità del processo verbale di constatazione redatto dalla Guardia di finanza) .
Fonte:
Cassazione Penale 2017, 9, 3316
CED Cass. pen. 2017
Note giurisprudenziali
Sul tema relativo al tipo di invalidità che colpisce l'attività svolta in violazione dell'art. 220 disp. att. c.p.p. si segnala un contrasto giurisprudenziale.Secondo un primo orientamento è causa di inutilizzabilità dei risultati probatori la violazione delle disposizioni del codice di procedura penale la cui osservanza, nell'ambito di attività ispettive o di vigilanza, è prevista per assicurare le fonti di prova in presenza di indizi di reato: v. Sez. III, 10 febbraio 2010, n. 15372, in C.E.D. Cass., n. 246599 (nello stesso senso, cfr. Sez. III, del 2 ottobre 2014, n. 3207, ivi, n. 262010). È interessante notare come tale orientamento si è affermato principalmente con riferimento al processo verbale di constatazione redatto dalla Guardia di finanza: v., ex plurimis, in tal senso, Sez. III, 18 novembre 2008, ivi, n. 242523.Un secondo orientamento, invece, ritiene che l'attività ispettiva o di vigilanza svolta in violazione dell'art. 220 disp. att. c.p.p. determina una nullità d'ordine generale ai sensi dell'art. 178 c.p.p. lett. c): v., ex plurimis, Sez. V, 27 luglio 2010, n. 38393, in C.E.D. Cass., n. 248911; cfr., nello stesso senso, più di recente, Sez. III, 24 maggio 2016, n. 5235, ivi, n. 269213.La massima che si annota sembra innestarsi nell'ambito di tale contrasto scegliendo una terza via.La Corte infatti sembrerebbe affermare che per determinare il tipo di invalidità che investe l'atto bisogna fare riferimento alla specifica norma del codice che si assume essere stata violata e, pertanto, il tipo d'invalidità conseguente alla violazione dell'art. 220 disp. att. c.p.p. non può essere predeterminata.
Vedi:
In senso conforme: Cass. Pen., sez. 03, del 10/02/2010, n. 15372
Vedi anche: Cass. Pen., sez. 06, del 30/01/2008, n. 6881
Fatto
RITENUTO IN FATTO
1. I sigg.ri P.S. e P.L. ricorrono per l'annullamento dell'ordinanza in epigrafe indicata che, in parziale riforma del decreto del 10/08 08/09/2015 del Giudice per le indagini preliminari di quello stesso Tribunale (che, sulla ipotizzata sussistenza indiziaria dei reati di cui al D.Lgs. n. 74 del 2000, artt. 2, 8, 10-bis, 10-ter e 10-quater, aveva ordinato il sequestro, finalizzato alla confisca per equivalente, delle loro disponibilità mobiliari o immobiliari fino alla concorrenza di Euro 1.891.598,00), ha ridotto l'importo nella misura di Euro 1.157.885,00, rigettando, nel resto, l'istanza di riesame da essi proposta.
1.1. Con il primo motivo eccepiscono, ai sensi dell'art. 606 c.p.p., lett. b), l'inutilizzabilità del processo verbale di constatazione per la parte redatta successivamente quanto meno alla data di iscrizione della notizia di reato ((OMISSIS)) e certamente alla ricezione, da parte della GdF, della delega di indagini (14/04/2014), e la conseguente inosservanza o comunque erronea applicazione dell'art. 220 disp. att. c.p.p..
Al riguardo deducono che:
- la verifica fiscale era iniziata il 29/01/2014;
- la notizia di reato a carico della P. per il reato di cui al D.Lgs. n. 74 del 2000, art. 10-ter, era stata trasmessa dall'Agenzia delle Entrate ed iscritta dal pubblico ministero sin dal (OMISSIS);
- il 14/02/2014 era stata trasmessa alla GdF la delega di indagini;
- ogni attività successiva è pertanto inutilizzabile.
1.2.Con il secondo motivo eccepiscono, ai sensi dell'art. 606 c.p.p., lett. b) e c), la violazione dell'art. 111 Cost., comma 6, e art. 125 c.p.p., comma 3, nonchè del D.Lgs. n. 74 del 2000, artt. 2, 8 e 10-quater, art. 322-ter c.p. e art. 321 c.p.p..
Lamentano, al riguardo, che con la domanda di riesame era stata contestata la quantificazione del profitto confiscabile, pari, secondo le deduzioni difensive, che fanno leva sulla stessa richiesta di sequestro preventivo, ad Euro 689.410,85, ma che sul punto il Tribunale ha totalmente omesso di pronunciarsi.
2.Con memoria depositata il 06/10/2016, i ricorrenti hanno prodotto la copia dei documenti cui hanno fatto riferimento nel ricorso ed, in particolare, la denunzia dell'Agenzia delle Entrate (datata 10/02/2014), la delega di indagine del pubblico ministero (14/04/2014), la richiesta di sequestro preventivo.
Diritto
CONSIDERATO IN DIRITTO
3. Il ricorso è fondato per quanto di ragione.
4. Il primo motivo è inammissibile perchè generico e per la mancanza di un concreto interesse a proporlo.
4.1. Risulta, in base alle stesse deduzioni e produzioni difensive, che l'Agenzia delle Entrate denunciò la P. alla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Pescara per il (solo) reato di cui al D.Lgs. n. 74 del 2000, art. 10-ter, perchè, nella sua qualità di legale rappresentante della società "Ecopetrol S.r.l.", non aveva versato, entro il 27/12/2011, l'IVA dovuta per l'anno 2010, quantificata nella misura di Euro 58.889,07, e che il Pubblico Ministero delegò la G.d.F. a "completare e riscontrare la notizia di reato pervenuta dall'Agenzia delle Entrate".
4.2. Tale importo è stato però detratto dal Tribunale in considerazione della sopravvenuta modifica della norma incriminatrice ad opera del D.Lgs. 24 settembre 2015, n. 158, art. 8, comma 1, che ha elevato ad Euro 250.000,00 la soglia della penale rilevanza della condotta.
4.3. Poichè il reato di cui al D.Lgs. n. 74 del 2000, art. 10-ter, si caratterizza, strutturalmente, per lo scostamento tra l'importo indicato nella dichiarazione annuale e la somma non versata, resta arduo comprendere in che modo l'accertamento (assai semplice) di tale reato possa aver influito su quello degli altri in relazione ai quali il vincolo del sequestro è stato mantenuto.
4.4. Il confine tra l'attività ispettiva e l'attività di indagine preliminare, superato il quale "gli atti necessari per assicurare le fonti di prova e raccogliere quant'altro possa servire per l'applicazione della legge penale sono compiuti con l'osservanza delle disposizioni del codice" (art. 220 disp. att. c.p.p.), è segnato dalla mera possibilità di attribuire comunque rilevanza penale al fatto che emerge dall'inchiesta amministrativa e nel momento in cui emerge, a prescindere dalla circostanza che esso possa essere riferito ad una persona determinata (Sez. U, n. 45477 del 28/11/2001, Raineri, Rv. 220291).
4.5. L'obbligo di osservare le norme del codice di rito, però, riguarda lo specifico fatto, non qualsiasi altro diverso fatto la cui possibile rilevanza penale non sia ancora emersa.
4.6. L'art. 220 disp. att. c.p.p., costituisce norma di raccordo e di cucitura tra l'attività ispettiva e quella investigativa la cui violazione non determina automaticamente l'inutilizzabilità, a fini penali, degli elementi di prova, dichiarativi o documentali, acquisiti una volta superato il confine. L'inutilizzabilità o nullità dell'atto deve essere autonomamente prevista dalle norme del codice di procedura penale, cui l'art. 220, cit., rimanda.
4.7. Nel caso di specie i ricorrenti non indicano, nè deducono le violazioni codicistiche che avrebbero determinato l'inutilizzabilità degli indizi acquisiti a sostegno dell'ipotesi accusatoria relativa agli altri reati, emersi successivamente alla citata delega di indagine, per i quali il sequestro è stato mantenuto.
5. E' invece fondato il secondo motivo di ricorso.
5.1. E' noto che avverso le ordinanze emesse a norma degli artt. 322-bis e 324 c.p.p., il ricorso per Cassazione è ammesso solo per violazione di legge.
5.2. Come più volte spiegato da questa Corte "in tema di riesame delle misure cautelari reali, nella nozione di "violazione di legge" per cui soltanto può essere proposto ricorso per cassazione a norma dell'art. 325 c.p.p., comma 1, rientrano la mancanza assoluta di motivazione o la presenza di motivazione meramente apparente, in quanto correlate all'inosservanza di precise norme processuali, ma non l'illogicità manifesta, la quale può denunciarsi nel giudizio di legittimità soltanto tramite lo specifico e autonomo motivo di ricorso di cui all'art. 606 c.p.p., lett. e)" (Sez. U, n. 5876 del 28/01/2004; si vedano anche, nello stesso senso, Sez. U, n. 25080 del 28/05/2003, Pellegrino, e Sez. U, n. 5 del 26/02/1991, Bruno, nonchè, tra le più recenti, Sez. 5, n. 35532 del 25/06/2010, Angelini; Sez. 1, n. 6821 del 31/01/2012, Chiesi; Sez. 6, n. 20816 del 28/02/2013, Buonocore).
5.3.Motivazione assente è quella che manca fisicamente (Sez. 5, n. 4942 del 04/08/1998, Seana; Sez. 5, n. 35532 del 25/06/2010, Angelini) o che è graficamente indecifrabile (Sez. 3, n. 19636 del 19/01/2012, Buzi); motivazione apparente, invece è solo quella che "non risponda ai requisiti minimi di esistenza, completezza e logicità del discorso argomentativo su cui si è fondata la decisione, mancando di specifici momenti esplicativi anche in relazione alle critiche pertinenti dedotte dalle parti" (Sez. 1, n. 4787 del 10/11/1993, Di Giorgio), come, per esempio, nel caso di utilizzo di timbri o moduli a stampa (Sez. 1, n. 1831 del 22/04/1994, Caldaras; Sez. 4, n. 520 del 18/02/1999, Reitano; Sez. 1, n. 43433 dell'8/11/2005, Costa; Sez. 3, n. 20843, del 28/04/2011, Saitta) o di ricorso a clausole di stile (Sez. 6, n. 7441 del 13/03/1992, Bonati; Sez. 6, n. 25361 del 24/05/2012, Piscopo) e, più in generale, quando la motivazione dissimuli la totale mancanza di un vero e proprio esame critico degli elementi di fatto e di diritto su cui si fonda la decisione, o sia priva dei requisiti minimi di coerenza, completezza e ragionevolezza e quindi inidonea a rendere comprensibile l'itinerario logico seguito dal giudice (Sez. U., n. 25932 del 29/05/2008, Ivanov).
5.4. Nel caso in esame il Tribunale è stato espressamente investito della questione relativa alla determinazione del profitto confiscabile, questione sulla quale, in disparte le detrazioni relative agli omessi versamenti "sotto soglia" e dell'IRAP, ed a prescindere dalla fondatezza della doglianza stessa (nel merito della quale questa Corte non può entrare), i Giudici del riesame non si sono pronunciati affatto.
5.5. Poichè spetta al giudice che, in sede di riesame, proceda alla conferma del sequestro preventivo funzionale alla confisca di valore del profitto del reato, il compito di valutare la corretta determinazione dell'entità di quest'ultimo (Sez. 6, n. 18767 del 18/02/2014, Giacchetto, Rv. 259678; Sez. 6, n. 24277 del 08/04/2013, Rolli, Rv. 255441), l'ordinanza impugnata deve essere annullata limitatamente alla determinazione del profitto, con rinvio, sul punto, al Tribunale di Pescara.
5.6. Nel resto il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.
PQM
P.Q.M.
Annulla l'ordinanza impugnata limitatamente alla determinazione del profitto confiscabile e rinvia al Tribunale di Pescara, Sezione riesame.
Dichiara inammissibile nel resto.
Così deciso in Roma, il 26 ottobre 2016.
Depositato in Cancelleria il 13 febbraio 2017