Il presidente di una società partecipata pubblica è “incaricato di pubblico servizio”?
Il presidente di una società partecipata pubblica è “incaricato di pubblico servizio” quando l’attività della società sia disciplinata da norme di diritto pubblico e persegua delle finalità pubbliche, sia pure con strumenti privatistici; occorre, tuttavia, verificare in concreto se le condotte illecite siano state poste in essere in riferimento ai servizi di interesse pubblico, piuttosto che ad altri servizi accessori meramente commerciali che non siano soggetti alla disciplina di legge delle relative forme di esercizio, ( Cassazione penale Sez. VI - 13/10/2020, n. 37675; Presidente Fidelbo; relatore Paternò Raddusa)
IL PRESIDENTE DI UNA SOCIETA' PARTECIPATA PUBBLICA E' INCARICATO DI PUBBLICO SERVIZIO?
Indice dell’articolo:
- I principi enunciati dalla Cassazione: sinossi
- Il fatto
- I passaggi della sentenza
1. I principi enunciati dalla Cassazione: sinossi
Il presidente di una società partecipata pubblica è “incaricato di pubblico servizio”?
Con la sentenza in commento la corte di Cassazione ha chiarito:
- Che il presidente di una società partecipata pubblica è “incaricato di pubblico servizio” quando l’attività della società sia disciplinata da norme di diritto pubblico e persegua delle finalità pubbliche, sia pure con strumenti privatistici;
- Occorre, tuttavia, verificare in concreto se le condotte illecite siano state poste in essere in riferimento ai servizi di interesse pubblico, piuttosto che ad altri servizi accessori meramente commerciali che non siano soggetti alla disciplina di legge delle relative forme di esercizio, che ne consentono di escludere la natura di servizio pubblico
2. Il fatto
Nel caso di specie S.R.F., era stato ritenuto responsabile del reato di cui all'art. 314 c.p., per essersi appropriato, in qualità di Presidente del Consiglio di Amministrazione della società (OMISSIS) spa, della somma di Euro 124.000 della quale aveva la disponibilità per ragioni del proprio servizio sottraendola dai conti correnti bancari intestati alla predetta società. Egli rivestiva, all'epoca della condotta contestata, il ruolo di Presidente del consiglio di amministrazione della società (OMISSIS) spa, società integralmente partecipata da soggeti pubblici, cui risultava affidata la gestione aeroportuale dello scalo di Crotone; in ragione di tale ruolo gestorio, aveva la libera disponibilità dei conti correnti intestati all'ente; egli stornò dal conto della società in favore di un proprio conto i fondi descritti nel capo di imputazione; che tali fondi oltre a costituire quota cospicua del capitale sociale, erano destinati anche alla ricapitalizzazione della società, ripianando le perdite verificatesi negli esercizi precedenti, e a consentire, per tale via, di mantenere aperto lo scalo. Il ricorrente affermava che la la società in questione, che gestiva un aeroporto in cocessione ANAC doveva considerarsi organismo di diritto pubblico e al contempo società di capitali assoggettata al diritto privato e a un sistema di gestione squisitamente imprenditoriale e che persegue uno scopo di lucro esercitato all’interno di un mercato concorrenziale, con la conseguente natura privatisca dei relativi fondi, destinati alla realizzazione di un tipico obiettivo imprenditoriale. Da ciò conseguiva la configurazione del presidente quale soggetto privato e non “incaricato di pubblico servizio”, la non configurabilità del reato di peculato per difetto del requisito soggettivo, la diversa configurabilità del reato di appropriazione indebita, nel caso di specie prescritto .
3. I passaggi della sentenza
La Suprema Corte nel rigettare il ricorso ha, invece, affermato:
- che con la riformulazione degli 357 e 358 c.p., ad opera della L. 26 aprile 1990, n. 86, è stata adottata una prospettiva funzionale-oggettiva, secondo il criterio della disciplina pubblicistica dell'attività svolta e del suo contenuto, con la diretta conseguenza che la qualifica pubblicistica dell'attività prescinde dalla natura dell'ente in cui è inserito il soggetto e dalla natura pubblica dell'impiego (ex multis in motivazione da ultimo Sez. 6, Sent. del 08-05-2020, n. 14171). Quindi anche i soggetti inseriti nella struttura organizzativa di una società per azioni possono essere qualificati come pubblici ufficiali o incaricati di pubblico servizio, quando l'attività della società sia disciplinata da norme di diritto pubblico e persegua delle finalità pubbliche, sia pure con strumenti privatistici (da ultimo, Sez. 6, n. 19484 del 23/01/2018, Bellinazzo, Rv. 273781; Sez. 6, n. 45908 de116/10/2013, Orsi, Rv. 257384; Sez. 6, n. 49759, del 27/11/2012, Zabatta, Rv. 254201; Sez. 6, n. 1327 del 07/07/2015, dep.2016, Caianiello, Rv. 266265);
- Non ha rilievo la circostanza che il soggetto non sia incardinato in un ente pubblico ma operi invece nell'ambito di una società per azioni, essendo necessario guardare oggettivamente all'attività svolta e al modo in cui la stessa si correla al perseguimento di interessi pubblici. Per giungere alla qualificazione soggettiva dell'agente come incaricato di pubblico servizio non è dunque decisivo il riferimento a quelle categorie soggettive create per delimitare l'ambito di applicazione della disciplina dei contratti pubblici per la presenza degli indici di pubblicità dell'ente che sono stati normativamente previsti dal c.d. Codice degli Appalti con riferimento alla definizione di organismo di diritto pubblico e di impresa pubblica (vedi Lgs. 18 aprile 2016, n. 50, art. 3). Nella nozione di servizio pubblico delineata dall'art. 358 c.p., assume rilevanza più che la connotazione soggettiva pubblica dell'ente, quella oggettiva della natura dell'attività svolta, con la conseguenza che la qualità di servizio pubblico viene ad essere correlata a due requisiti essenziali, quello teleologico della finalità di interesse generale dell'attività svolta, e quello normativo, della previsione di una disciplina di carattere imperativo che, in ragione della rilevanza di interesse generale dell'attività svolta, ne disciplini le modalità di svolgimento con stringenti limiti all'autonomia privata allo scopo di salvaguardare il prevalente interesse generale rispetto a quello privato" (in termini, pedissequamente riproposti, la motivazione della sentenza di questa sezione n. 42952 del 17/09/19). E nel caso di specie il settore dei trasporti appare ricompreso dal codice degli appalti tra i settori speciali, nei quali devono essere comunque salvaguardate attraverso l'applicazione di determinate procedure ad evidenza pubblica esigenze di efficienza, trasparenza e imparzialità, connesse al valore strategico del settore, ferma ed indiscussa la natura pubblica dei servizi erogati per il supporto al trasporto aereo da parte delle società che gestiscono le strutture aeroportuali in regime di concessione da parte dell'ENAC;
- E, tuttavia, assume rilievo, come conseguenza del principio enunciato, l'aspetto relativo alla verifica del settore operativo interessato dalla condotta appropriativa pacificamente realizzata, considerato che, con riguardo agli spazi di azione tipici di una società di gestione di servizi aeroportuali, è dato riscontrare una evidente commistione delle attività svolte: accanto a quelle inerenti ai servizi di cui al Lgs. n. 18 del 1999, propriamente di interesse primario e quindi di sicuro rilievo pubblico, se ne riscontrano altre, non vincolate e libere nelle forme, destinate a realizzare esclusivamente interessi privatistici nei modi del diritto privato. E quindi non sarà sufficiente fare riferimento alla generica natura pubblica dei servizi svolti da una società nell'ambito di un rapporto di concessione, ma occorrerà verificare in concreto se le condotte illecite siano state poste in essere in riferimento ai servizi di interesse pubblico, piuttosto che ad altri servizi accessori meramente commerciali che non siano soggetti alla disciplina di legge delle relative forme di esercizio, che ne consentono di escludere la natura di servizio pubblico (Sez. 6, 01/06/2017, Rv. 271106), con esclusione di tutte le altre attività di carattere commerciale che, sebbene svolte in ambito aeroportuale, sono destinate a realizzare interessi privatistici e si inseriscono in un rapporto tra la società concessionaria e il terzo, cui l'Amministrazione concedente rimane estranea. Sul punto la Suprema Corte cita sezione n. 13284 del 07/02/2018, che ha escluso la qualifica di incaricato di pubblico servizio a soggetti titolari di competenze amministrative in capo a enti gestori dei servizi aeroportuali relativamente a condotte poste in essere con riferimento a profili non direttamente riferibili agli impianti e alle infrastrutture aeroportuali ma ad aspetti del tutto estranei, unicamente governati dalle regole del diritto privato (l'imputazione riguardava la pulizia non degli aeromobili ma dei soli locali della stazione aeroportuale, con lo svolgimento quindi di una attività palesemente priva di carattere pubblicistico).
E tuttavia nel caso in oggetto la condotta appropriativa resa dall'imputato è stata posta in essere in ragione della qualifica dirigenziale rivestita in seno alla società, e quindi con abuso delle prerogative rivestite in rapporto al carattere prevalente che deve riconoscersi alle attività rientranti nell'ambito del servizio pubblico, sia che esse siano riferibili ai servizi di assistenza a terra (handling), liberalizzati con la soprarichiamata direttiva Europea o che afferiscano alla gestione delle infrastrutture aeroportuali, pacificamente affidate in concessione alla medesima società dall'ENAC e rispetto alle quali rileva anche l'attività di riscossione dei diritti aeroportuali affidata sempre alla medesima società con destinazione vincolata agli interventi indifferibili ed urgenti necessari alle attività di manutenzione ordinaria e straordinaria delle infrastrutture aeroportuali, nonchè all'attività di gestione aeroportuale, d.l. 67 /1997 ex art 17 convertito in legge 135/1997.. Nessuna rilevanza può invece assumere tale aspetto nel caso di specie, allorchè la condotta abusiva risulti inerente alle mansioni direttive di un organo di vertice dell'amministrazione, senza che possa distinguersi il settore operativo della società, essendo coinvolta la funzione manageriale svolta dall'agente con riguardo alle prerogative che discendono da tale qualifica, che investe in modo onnicomprensivo l'intera area operativa della società. L'appropriazione, favorita dalle competenze gestionali del ricorrente, ebbe ad oggetto fondi destinati ad aspetti essenziali della sopravvivenza dell'ente, perchè volti a garantire la ricapitalizzazione dello stesso così da consentire la stessa ulteriore prosecuzione dell'attività. Di qui l'incontrovertibile destinazione pubblicistica del denaro sottratto all'ente che consente di escludere che nella specie la stessa abbia avuto ad oggetto risorse finanziarie circoscritte alle attività non incluse nella nozione di servizio pubblico.
la sentenza presenta notevoli ricadute pratiche anche sotto il profilo extrapenale: la Suprema Corte di Cassazione con le sent. n. 28699 / 2010 e 234/ 2011 ha, infatti, affermato che il D.lgs. n. 231 / 2001 è applicabile anche agli enti economici partecipati da soggetti pubblici. Detto principio s i fonda su un’ interpretazione letterale della norma di cui all’ art. 1 e, segnatamente, si basa sull’ esclusione di quegli enti che, oltre allo stato e agli enti pubblici territoriali, svolgono attività di carattere non economico o di rilievo costituzionale.
Cassazione penale Sez. VI - 13/10/2020, n. 37675
Presidente Fidelbo; relatore Paternò Raddusa
RITENUTO IN FATTO
Con la sentenza impugnata la Corte di Appello di Catanzaro ha parzialmente riformato in punto di pena la condanna resa in primo grado dal Tribunale di Crotone ai danni di S.R.F., ritenuto responsabile del reato di cui all'art. 314 c.p., per essersi appropriato, in qualità di Presidente del Consiglio di Amministrazione della società (OMISSIS) spa, della somma di Euro 124.000 della quale aveva la disponibilità per ragioni del proprio servizio sottraendola dai conti correnti bancari intestati alla predetta società.
In particolare, la Corte territoriale, accogliendo parzialmente l'appello dell'imputato, ha ridotto la pena irrogata in primo grado, rideterminandola in anni due di reclusione, senza accordare il beneficio della sospensione condizionale della pena.
- Propone ricorso per cassazione il difensore di fiducia del S. ed adduce tre diversi motivi.
2.1. Con il primo si lamenta violazione di legge avuto riguardo agli artt. 314 e 358 c.p., nonchè artt. 646 e 120 c.p., in relazione agli artt. 337 e 333 c.p.p., comma 2
Secondo la Corte territoriale, la società della quale il S. era Presidente del cda, perseguiva un pubblico interesse in quanto organismo di diritto pubblico e tanto costituirebbe un utile indizio per la corretta configurazione del ricorrente quale incaricato di pubblico servizio che si sarebbe appropriato di fondi pubblici, destinati alla ricapitalizzazione del gestore aeroportuale e quindi finalizzati alla realizzazione dell'interesse pubblico cui il detto ente sociale è deputato. Cosi ritenendo, la Corte del merito avrebbe tuttavia mancato di apprezzare che la giurisprudenza amministrativa (vengono citate conformi statuizioni del Consiglio di Stati assunte anche in epoca recente) avrebbe escluso la possibilità di considerare le società di gestione aeroportuale alla stregua di organismi di diritto pubblico, perchè operanti in un mercato concorrenziale e risultando gestite con assunzione del rischio di impresa e dunque secondo criteri tipici dell'impresa di diritto privato, quali l'efficacia e la redditività; e ciò senza che assuma rilievo l'interesse generale che ne ha motivato la costituzione, recessivo, sotto questo versante, rispetto alle modalità, squisitamente imprenditoriali, attraverso le quali siffatto bisogno viene perseguito. Il tutto in linea con le sentenze di questa Corte che, con esplicito riferimento ad altra società di gestione aeroportuale (quella relativa allo scalo di Catania) ha escluso che la qualità di incaricati di pubblico servizio dei componenti dell'ente, stante la natura privatistica dello stesso. La Corte avrebbe dunque riconosciuto la qualifica soggettiva ascritta al S. malgrado la società da lui presieduta avesse uno scopo di lucro esercitato all'interno di un mercato concorrenziale, con la conseguente natura privatitisca dei relativi fondi, destinati alla realizzazione di un tipico obiettivo imprenditoriale. E perviene a tale risultato erroneo dando rilievo alle dimensioni della società in questione e dunque differenziandola sotto questo versante da quelle prese in considerazione dai precedenti giurisprudenziali evocati, tutte relative a scali di notevoli dimensioni. Il tutto sulla base di considerazioni in alcun modo fondate sul dato normativo di riferimento, atteso che nè l'art. 3 del codice dei contratti nè il D.P.R. 201 del 2015, consentono una tale lettura interpretativa.
Secondo la Corte, ancora, la qualifica soggettiva ascritta all'imputato deriverebbe dalla destinazione del danaro sottratto: ma tale valutazione, non diversamente dalle precedenti, dipenderebbe da un erroneo presupposto di partenza, quello della natura di organismo di diritto pubblico della detta società.
In coerenza, ad avviso della difesa, occorreva riqualificare il reato da peculato in appropriazione indebita nel frattempo prescritta e comunque improcedibile in assenza di querela, anche quando aggravata ex art. 61 c.p. nr 11, in ragione di quanto ora previsto dal d. lgs.36 del 2018.
2.2. Con il secondo motivo, le medesime indicazioni sopra svolte vengono ribadite per prospettare in ogni caso la manifesta illogicità e contraddittorietà della motivazione.
I profili di contraddittorietà del percorso giustificativo tracciato nella sentenza impugnata risiederebbero nel ritenere la società in questione organismo di diritto pubblico e al contempo società di capitali assoggettata al diritto privato e a un sistema di gestione squisitamente imprenditoriale; nel deprivare di rilievo la qualifica di organismo di diritto pubblico assegnata al detto ente sociale, ritenendola funzionale unicamente alla applicazione delle regole inerenti l'aggiudicazione degli appalti pubblici, per poi rimarcare che tale profilo soggettivo costituiva un utile indizio della qualifica ascritta all'imputato; nell'aver manifestato l'intenzione di adottare il criterio oggettivo funzionale nel verificare la qualifica soggettiva del ricorrente, finendo tuttavia per far riposare la relativa valutazione sempre sulla natura pubblica della società in questione; nel distinguere, al fine di rilevarne la natura soggettiva pubblica, tra enti sociali di gestione aeroportuali a seconda della relativa dimensione e in considerazione della integrale partecipazione pubblicistica che connota la (OMISSIS) spa, indifferente al fine.
2.3. Con il terzo motivo si adduce vizio di motivazione in ordine al diniego della sospensione condizionale, avendo la Corte integramente trascurato l'atteggiamento collaborativo tenuto dal ricorrente, che ebbe immediatamente a riconoscere l'addebito subito dopo la relativa contestazione da parte dei competenti organi societari.
CONSIDERATO IN DIRITTO
- Il ricorso non merita l'accoglimento.
- In punto di fatto, è incontroverso che l'imputato, all'epoca della condotta contestata, rivestiva il ruolo di Presidente del consiglio di amministrazione della società (OMISSIS) spa, società integralmente partecipata da soggeti pubblici, cui risultava affidata la gestione aeroportuale dello scalo di Crotone; che in ragione di tale ruolo gestorio, aveva la libera disponibilità dei conti correnti intestati all'ente; che ebbe a stornare dal conto della società in favore di un proprio conto i fondi descritti nel capo di imputazione; che tali fondi oltre a costituire quota cospicua del capitale sociale, erano destinati anche alla ricapitalizzazione della società, ripianando le perdite verificatesi negli esercizi precedenti, e a consentire, per tale via, di mantenere aperto lo scalo.
- Innanzi a siffatta cornice in fatto la Corte territoriale per un verso ha confermato il giudizio speso in primo grado sulla ritenuta natura di organismo di diritto pubblico da ascrivere alla detta società; per altro verso, ha rimarcato comunque l'indifferenza di questa qualificazione rispetto alla esigenza di accertare la qualifica soggettiva di incaricato di pubblico servizio ascritta dal Tribunale al ricorrente, trattandosi di nozione finalizzata all'applicazione di una determinata disciplina giuridica, quella relativa alla aggiudicazione degli appalti pubblici, che al più può costituire un utile indizio per pervenire alla detta verifica; ma che al contempo non sarebbe dirimente, perchè ciò che finisce per rilevare non è che l'attività svolta venga imputata ad un soggetto di diritto pubblico bensi che il servizio, pur se reso attraverso organismi di diritto privato, sia volto a realizzare finalità pubbliche.
3.Siffatto percorso giustificativo, alla luce di tale ultima e decisiva precisazione, non merita censure, sia sul piano logico sia su quello della valutazione in diritto.
Corretta che sia la valutazione spesa nel descrivere la natura giuridica della società amministrata dal ricorrente, alla stessa è stata espressamente assegnata una valenza non decisiva nel quadro degli elementi ritenuti decisivi nel ricostruire la qualifica di incaricato di pubblico servizio ascritta all'imputato. Piuttosto, si è correttamente dato rilievo essenziale alle finalità pubbliche perseguite da detto ente, quale argomento centrale nel pervenire alla conclusione contestata dalla difesa.
4. In parte qua è noto che con la riformulazione degli artt. 357 e 358 cp, ad opera della L.86/1990, è stato definitivamente positivizzato il superamento della concezione soggettiva delle nozioni di pubblico ufficiale e di incaricato di pubblico servizio, che privilegiava il rapporto di dipendenza dallo Stato o da altro ente pubblico, con l'adozione di una prospettiva funzionale-oggettiva, secondo il criterio della disciplina pubblicistica dell'attività svolta e del suo contenuto. Quale diretta conseguenza del criterio oggettivo-funzionale adottato dal legislatore, la qualifica pubblicistica dell'attività prescinde dunque dalla natura dell'ente in cui è inserito il soggetto e dalla natura pubblica dell'impiego (ex multis in motivazione da ultimo Sez. 6, Sent. del 08-05-2020, n. 14171).
In coerenza, la giurisprudenza di legittimità ha da tempo affermato che anche i soggetti inseriti nella struttura organizzativa di una società per azioni possono essere qualificati come pubblici ufficiali o incaricati di pubblico servizio, quando l'attività della società sia disciplinata da norme di diritto pubblico e persegua delle finalità pubbliche, sia pure con strumenti privatistici (da ultimo, Sez. 6, n. 19484 del 23/01/2018, Bellinazzo, Rv. 273781; Sez. 6, n. 45908 de116/10/2013, Orsi, Rv. 257384; Sez. 6, n. 49759, del 27/11/2012, Zabatta, Rv. 254201; Sez. 6, n. 1327 del 07/07/2015, dep.2016, Caianiello, Rv. 266265).
Non è, pertanto, di alcun rilievo la circostanza che il soggetto non sia incardinato in un ente pubblico ma operi invece nell'ambito di una società per azioni, essendo necessario guardare oggettivamente all'attività svolta e al modo in cui la stessa si correla al perseguimento di interessi pubblici. E per tale motivo, in linea con quanto evidenziato dalla sentenza impugnata, si è osservato che per "giungere alla qualificazione soggettiva dell'agente come incaricato di pubblico servizio non è dunque decisivo il riferimento a quelle categorie soggettive create per delimitare l'ambito di applicazione della disciplina dei contratti pubblici per la presenza degli indici di pubblicità dell'ente che sono stati normativamente previsti dal c.d. Codice degli appalti con riferimento alla definizione di organismo di diritto pubblico e di impresa pubblica (vedi d. lgs. 50/2016 art. 3 ). Nella nozione di servizio pubblico delineata dall'art 358 c.p., assume rilevanza più che la connotazione soggettiva pubblica dell'ente, quella oggettiva della natura dell'attività svolta, con la conseguenza che la qualità di servizio pubblico viene ad essere correlata a due requisiti essenziali, quello teleologico della finalità di interesse generale dell'attività svolta, e quello normativo, della previsione di una disciplina di carattere imperativo che, in ragione della rilevanza di interesse generale dell'attività svolta, ne disciplini le modalità di svolgimento con stringenti limiti all'autonomia privata allo scopo di salvaguardare il prevalente interesse generale rispetto a quello privato" (in termini, pedissequamente riproposti, la motivazione della sentenza di questa sezione n. 42952 del 17/09/19).
5. Ciò precisato, va ribadito, in linea con quanto ritenuto dalla Corte territoriale, che il settore dei trasporti appare ricompreso dal Codice degli Appalti tra i settori speciali, nei quali devono essere comunque salvaguardate attraverso l'applicazione di determinate procedure ad evidenza pubblica esigenze di efficienza, trasparenza e imparzialità, connesse al valore strategico del settore.
Ferma ed indiscussa la natura pubblica dei servizi erogati per il supporto al trasporto aereo da parte delle società che gestiscono le strutture aeroportuali in regime di concessione da parte dell'ENAC, si deve quindi ribadire come sia del tutto irrilevante la veste societaria, dovendosi avere riguardo al tipo di attività compiuta, in quanto riflettente il pubblico servizio, che mira a realizzare interessi pubblici.
Se, dunque, quanto sopra evidenziato rende indifferente il richiamo alla giurisprudenza amministrativa evocata nel ricorso, per altro verso va comunque rimarcato che assume invece rilievo l'aspetto relativo alla verifica del settore operativo interessato dalla condotta appropriativa pacificamente realizzata, considerato che, con riguardo agli spazi di azione tipici di una società di gestione di servizi aeroportuali, è dato riscontrare una evidente commistione delle attività svolte: accanto a quelle inerenti ai servizi di cui al d. lgs. 18 del 1999, propriamente di interesse primario e quindi di sicuro rilievo pubblico, se ne riscontrano altre, non vincolate e libere nelle forme, destinate a realizzare esclusivamente interessi privatistici nei modi del diritto privato.
4.1. Sotto questo versante, si e già affermato da parte di questa Corte il principio secondo cui ai fini della individuazione della qualifica soggettiva che qui interessa, non sia sufficiente fare riferimento alla generica natura pubblica dei servizi svolti da una società nell'ambito di un rapporto di concessione, ma occorre verificare in concreto se le condotte illecite siano state poste in essere in riferimento ai servizi di interesse pubblico, piuttosto che ad altri servizi accessori meramente commerciali che non siano soggetti alla disciplina di legge delle relative forme di esercizio, che ne consentono di escludere la natura di servizio pubblico (Sez. 6, 01/06/2017, Rv. 271106).
Con specifico riferimento al settore in esame, si è preso come fondamentale criterio distintivo il riferimento ai servizi di assistenza a terra prestati negli aeroporti aperti al traffico aereo commerciale individuati dall'allegato A del d. lgs. 18 del 1999, con cui si è data attuazione della direttiva 96/67/CE relativa al libero accesso al mercato dei servizi di assistenza a terra negli aeroporti della Comunità; e si è precisato che i ruoli gestionali di società concessionarie dei servizi aeroportuali possono portare alla qualifica di incaricato di un pubblico servizio solo con riferimento alle attività inerenti ai servizi di cui al citato decreto in quanto volte a realizzare interessi pubblici, con esclusione di tutte le altre attività di carattere commerciale che, sebbene svolte in ambito aeroportuale, sono destinate a realizzare interessi privatistici e si inseriscono in un rapporto tra la società concessionaria e il terzo, cui l'Amministrazione concedente rimane estranea.
Così, ad esempio, si è esclusa (con la sentenza di questa sezione n. 13284 del 07/02/2018, impropriamente evocata dalla difesa a sostegno del proprio assunto) la qualifica di incaricato di pubblico servizio a soggetti titolari di competenze amministrative in capo a enti gestori dei servizi aeroportuali relativamente a condotte poste in essere con riferimento a profili non direttamente riferibili agli impianti e alle infrastrutture aeroportuali ma ad aspetti del tutto estranei, unicamente governati dalle regole del diritto privato (l'imputazione riguardava la pulizia non degli aeromobili ma dei soli locali della stazione aeroportuale, con lo svolgimento quindi di una attività palesemente priva di carattere pubblicistico).
6. Il caso sottoposto allo scrutinio della Corte non è riconducibile a siffatte ipotesi.
6.1. La condotta appropriativa resa dall'imputato è stata posta in essere in ragione della qualifica dirigenziale rivestita in seno alla società, e quindi con abuso delle prerogative rivestite in rapporto al carattere prevalente che deve riconoscersi alle attività rientranti nell'ambito del servizio pubblico, sia che esse siano riferibili ai servizi di assistenza a terra (handling), liberalizzati con la soprarichiamata direttiva Europea o che afferiscano alla gestione delle infrastrutture aeroportuali, pacificamente affidate in concessione alla medesima società dall'ENAC e rispetto alle quali rileva anche l'attività di riscossione dei diritti aeroportuali affidata sempre alla medesima società con destinazione vincolata agli interventi indifferibili ed urgenti necessari alle attività di manutenzione ordinaria e straordinaria delle infrastrutture aeroportuali, nonchè all'attività di gestione aeroportuale, d.l. 67 /1997 ex art 17 convertito in legge 135/1997.
6.2. Si è infatti già osservato da questa Corte (con la citata sentenza n. 42952 del 2019), che la distinzione tra le attività strettamente rientranti in quelle dell'ambito dei servizi pubblici aeroportuali indicati nel citato allegato A al d. lgs. 18 del 1999, e le altre tipicamente commerciali, avrebbe potuto assumere rilevanza solo nel limitato caso in cui si fosse potuto confinare la condotta illecita entro i limiti delle attività commerciali diverse da quelle che assumono la natura di servizio pubblico. Nessuna rilevanza può invece assumere tale aspetto nel caso di specie, allorchè la condotta abusiva risulti inerente alle mansioni direttive di un organo di vertice dell'amministrazione, senza che possa distinguersi il settore operativo della società, essendo coinvolta la funzione manageriale svolta dall'agente con riguardo alle prerogative che discendono da tale qualifica, che investe in modo onnicomprensivo l'intera area operativa della società.
6.3. In termini ancor più decisivi, va inoltre rimarcato che l'appropriazione, favorita dalle competenze gestionali del ricorrente, ebbe ad oggetto fondi destinati ad aspetti essenziali della sopravvivenza dell'ente, perchè volti a garantire la ricapitalizzazione dello stesso così da consentire la stessa ulteriore prosecuzione dell'attività. Di qui l'incontrovertibile destinazione pubblicistica del denaro sottratto all'ente che consente di escludere che nella specie la stessa abbia avuto ad oggetto risorse finanziarie circoscritte alle attività non incluse nella nozione di servizio pubblico.
Alla reiezione del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, il 13 ottobre 2020.
Depositato in Cancelleria il 29 dicembre 2020