La delega di funzioni nel comparto delle gestione ambientale: limiti e efficacia
Cassazione Penale, Sez. 3, 06 giugno 2020, n. 17174 - Irregolarità nel comparto "gestione rifiuti": delega di funzioni
Delega di funzioni: applicabilità dei principi dell’art. 16 TU Sicurezza al comparto dei rifiuti e requisiti minimi della stessa
La sentenza in oggetto affronta alcuni problemi relativi alla delega di funzione con riferimento al settore della gestione dei rifiuti:
- Se la delega di funzioni sia consentita anche fuori dell’ambito in cui è positivamente normata – all’art 16 del D. lgs. 81/2008 Testo unico per la sicurezza sul lavoro;
- Se la delega di funzione debba avere, nel caso sia consentita anche in altri settori, i contenuti minimi di efficacia previsti nell’art. 16 cit. ( “limiti e condizioni” nell’incipit dell’art. 16 cit.);
- Se sia applicabile, anche al di fuori della normazione sicuristica, l’obbligo di vigilanza del delegante sull’operato del delegato “in ordine al corretto espletamento da parte del delegato delle funzioni trasferite”.
Il Tribunale di Cuneo, secondo la ricostruzione contenuta nella sentenza in commento, all'esito di rito abbreviato, assolveva, per non aver commesso il fatto, G.C., R.C., S.G. e A.D. dal reato di cui agli art. 110, 40 comma 2 cod. pen. e 29 quattuordecies comma 3 lett. B del d.lgs. n. 152 del 2006, a loro contestato perché, “quali soci e amministratori della "Amambiente service s.r.l.", società avente a oggetto il trattamento e lo smaltimento di rifiuti anche pericolosi, venendo meno ai doveri connessi con la carica ricoperta o agendo d'accordo tra loro e in concorso con il direttore tecnico e amministratore D.P., la cui posizione è stata separata, non impedivano che non venissero osservate, nello svolgimento dell'attività aziendale, le prescrizioni della autorizzazione integrata ambientale, di cui al provvedimento SUAP 1799 del Comune di Lagnasco del 21 maggio 2015, con particolare riferimento alle indicazioni sulle modalità di stoccaggio nella sede aziendale delle varie partite di rifiuti speciali trattati, situazione ritenuta, nella prospettazione accusatoria, macroscopica e di immediata percezione; in Lagnasco il 29 luglio 2016”.
Nel caso di specie risultava che:
- La delega era stata attribuita a D.P., socio amministratore della srl, persona dotata di adeguate capacità tecniche nel settore ambientale, risultando il delegato iscritto nell'albo dei gestori ambientali, essendosi occupato per oltre 20 anni e con risultati apprezzabili della gestione dei rifiuti nel territorio della Provincia di Cuneo, essendo invero l'unico tra gli amministratori della società ad essere in possesso di adeguate competenze, autonomia di firma e di spesa e indipendenza gestionale e funzionale, con poteri di rappresentanza dinanzi a enti pubblici e privati per le necessarie incombenze;
- era stata assicurata idonea pubblicità alla delega, decisa in seno a una valida assemblea del consiglio di amministrazione e risultante anche dalle visure societarie della Camera di commercio;
- la delega aveva sufficientemente precisato i compiti assegnati a D.P. ("tutte le attività intese a fare attuazione e adempimento alle norme previste in materia di igiene e sicurezza sul lavoro, privacy, gestione del personale dipendente, prevenzione incendi, tutela dell'ambiente in particolare la gestione dei rifiuti"),
- nel verbale di assemblea risultava che erano state attribuite agli altri componenti del consiglio di amministrazione diverse funzioni, di tipo commerciale e amministrativo, in ragione delle distinte professionali di ciascuno.
Sotto il profilo della omessa vigilanza occorreva osservare che le violazioni della normativa ambientali erano del tutto microscopiche, essendo ricollegabile la non corretta collocazione dei rifiuti a un refuso del software gestionale nell'indicazione sulle etichette dei rifiuti dei relativi reparti di stoccaggio, ciò per sole 5 unità su 130 tipologie di rifiuti trattati e senza che venisse provocato alcun danno all'ambiente, tanto è vero che, per adempiere alla prescrizione, è stato sufficiente correggere il refuso del sistema informatico, ricollocando le 5 tipologie di rifiuto nel corretto settore di stoccaggio. I controlli degli altri amministratori erano stati pertanto impediti dalla modesta entità della violazione e dal tecnicismo della materia, occupandosi ciascun altro amministratore di compiti specifici e diversi da quelli demandati a D.P., per cui alcun comportamento alternativo poteva ritenersi ragionevolmente esigibile. Dunque, come correttamente sostenuto nella sentenza impugnata, agli imputati non era possibile muovere alcun rimprovero, tanto più che l'attività svolta da "Amambiente" in base all'oggetto sociale non era solo quella delegata a D.P., ma comprendeva altri compiti, esercitati dagli altri amministratori, per cui la delega di funzioni non aveva determinato alcuna modifica dello statuto sociale.
Ricorrevano in Cassazione il Procuratore generale presso la Corte di appello di Torino e il Procuratore delle Repubblica presso il Tribunale di Cuneo, che si duolevano:
- Della violazione la violazione dell'art. 16 del lgs. n. 81 del 2008, osservando, dopo un'ampia disamina dell'istituto della delega di funzioni, che, nell'ambito di una struttura aziendale impegnata, come sua unica attività, nel trattamento dei rifiuti nelle sue varie forme, una delega di competenze esclusive per "ambiente" e "rifiuti", non poteva che riguardare i rifiuti prodotti dalla società al di fuori della catena produttiva di raccolta, stoccaggio e trattamento, oggetto dell'attività aziendale rimessa a tutti gli amministratori, perché, diversamente ragionando, la "delega" del 9 ottobre 2010 si sarebbe tradotta in una modifica statutaria con esautorazione dei poteri di tutti gli altri componenti del consiglio di amministrazione, mentre invece le modalità operative delle fasi di raccolta, trasporto, stoccaggio e lavorazione dei rifiuti di terzi rientravano nell'oggetto sociale e rappresentano l'attività assegnata a tutti componenti del consiglio di amministrazione, come previsto dallo statuto; non era quindi possibile con una delibera del Cda modificare lo statuto sociale, in cui era previsto che l'attuazione dell'oggetto sociale e l'amministrazione funzionale alla realizzazione degli scopi sociali erano rimesse a tutti i componenti del C.D.A.
- In ogni caso, che per poter avere effetti esimenti in favore degli altri amministratori, la delega avrebbe dovuto essere prevista in termini più specifici e dettagliati, risolvendosi una delega generica in una sostanziale modifica statutaria.
- Ed infine che il coinvolgimento di tutta la componente dirigenziale nell'elevazione delle contestazioni era scaturito non dall'intento di attribuire "oggettivamente" una responsabilità a chiunque avesse poteri dirigenziali all'interno dell'azienda, ma dalla constatazione che il mancato impiego di risorse qualificate per un controllo costante delle fasi di scarico e stoccaggio dei rifiuti rispetto a quanto indicato nell'autorizzazione, con conseguente e rilevante risparmio di risorse economiche, rispondeva a una ben precisa "politica aziendale", ascrivibile ex art. 2392 cod. civ. a tutti gli amministratori, i cui obblighi normativi di controllo non possono essere esclusi da una delega generalizzata come quella rilasciata in favore di D.P., permanendo in capo a ciascuno dei componenti del consiglio di amministrazione l'obbligo di vigilanza di cui all'art. 16 del d. lgs. n. 81 del 2008.
Nel rigettare i ricorsi la Suprema Corte ha ribadito che:
- pur essendo l'istituto della delega di funzioni espressamente disciplinato con riferimento alla prevenzione nei luoghi di lavoro (art. 16 ss. del lgs. n. 81 del 2008), tuttavia tale previsione è stata ritenuta operante anche in altri settori, come ad esempio in tema di osservanza degli obblighi previdenziali e assistenziali (Sez. 3, n. 31421del 27/03/2018, Rv. 273758), in relazione alla disciplina penale dei prodotti alimentari (Sez. 3, n. 46710 del 17/10/2013, Rv. 257860) e in materia ambientale (Sez. 3, n. 27862 del 21/05/2015, Rv. 264197);
- in ognuno di questi settori, al fine di giustificare l'esonero da responsabilità dei soggetti deleganti, resta ovviamente ferma la necessità di verificare l'esistenza dei requisiti di validità della delega, occorrendo cioè, oltre la forma scritta, che il soggetto delegato possegga tutti i requisiti di esperienza e professionalità richiesti dalla specifica natura delle funzioni delegate e che al delegato sia attribuita l'autonomia di spesa necessaria allo svolgimento delle funzioni delegate, essendo altresì necessario che la delega abbia un contenuto specifico rispetto ai settori di competenza delegati;
- che l'attribuzione della delega di funzioni non fa venir meno il dovere di controllo del delegante sul corretto espletamento delle funzioni conferite, come del resto previsto espressamente dal comma 3 del citato art. 16, ( e tuttavia, nel caso di specie, non era stata comprovata la "culpa in vigilando" degli imputati, non essendo stata peraltro delineata adeguatamente, sia nella contestazione che nei ricorsi, la condotta che gli imputati avrebbero dovuto attuare al fine di impedire l'inosservanza delle prescrizioni).
Giova ricordare, a completamento del commento:
- quanto alla idoneità del delegato, che egli deve avere una specifica professionalità - cioè competenza tecnica tale da essere idoneo a svolgere il compito assegnatogli – e una specifica esperienza - che equivale ad avere svolto sul campo l'attività per cui aveva acquisito le competenze specialistiche che lo rendono idoneo sotto il profilo tecnico professionale; occorre cioè che il delegato possieda titoli professionali e curriculum coerenti con l'incarico, il che dovrebbe, in assenza di elementi in contrario, essere sufficiente a giustificare la scelta; e ancora che la responsabilità per gli infortuni causati dall'incapacità/inesperienza del delegato dovrebbe cadere direttamente sul medesimo a titolo di colpa per assunzione; e infine che qualora le carenze del delegato fossero riconoscibili dal delegante questi risponderebbe delle conseguenze illecite originate dalla negligente scelta per collaboratore, posto che in casi del genere il conferimento della delega" è o può essere indizio rilevante della volontà di creare una situazione di delega di poteri meramente apparente" ( cfr. Cass. pen. 03.08.2000); l’idoneità tecnica del delegato deve essere valutata attraverso un giudizio ex ante ( Cass.pen. 29.09.1998 Sancamillo)
- quanto all’obbligo di vigilare, che lo stesso è ritenuto: a) ora un requisito della delega di funzioni e delle responsabilità antinfortunistiche; b) ora un obbligo residuale nella delega di funzioni, posto in capo al datore di lavoro che, laddove non adempiuto determina il permanere di una sua responsabilità penale ex art. 40 c.p. Con la precisazione che "una volta che il soggetto di vertice abbia adempiuto ai doveri primari imposti dalla sua posizione, strutturando l'organizzazione in modo idoneo alla salvaguardia dei beni penalmente tutelati, e che lo stesso si sia curato di predisporre un apparato finalizzato al controllo della persistenza di tali condizioni di idoneità, non è neppure consentito il giudizio di colpevolezza sotto il profilo della culpa in vigilando" (in tal senso, ad esempio, Cass. pen., sez. III, 26 febbraio 1998, in RIDPP, 2000, I, p. 364 ss.; o anche Cass. pen., sez. III, 3 aprile 1998, in ISL, n. 5, 1998, p. 273-274);
- la delega non può essere illimitata: con riferimento alla sicurezza sul lavoro si è infatti affermato “… Altrettanto consolidato è il principio che la delega non può essere illimitata quanto all'oggetto delle attività trasferibili. In vero, pur a fronte di una delega corretta ed efficace, non potrebbe andare esente da responsabilità il datore di lavoro allorché le carenze nella disciplina antinfortunistica e, più in generale, nella materia della sicurezza, attengano a scelte di carattere generale della politica aziendale ovvero a carenze strutturali, rispetto alle quali nessuna capacità di intervento possa realisticamente attribuirsi al delegato alla sicurezza (v., tra le altre, Sez. IV, 6 febbraio 2007, Proc. gen. App. Messina ed altro in proc. Chirafisi ed altro; Corte di Cassazione - Sezione Quarta Penale, Sentenza 28 gennaio 2009, n. 4123)