Delega di funzioni Ambiente

La delega di funzioni nel comparto della gestione ambientale: precise condizioni e obbligo di vigilanza

12 Luglio 2020

Cassazione Penale, Sez. 3, 27 maggio 2020, n. 15941 - Sicurezza ambientale e smaltimento dei rifiuti: delega di funzioneLa normativa sulla gestione dei rifiuti non  prevede espressamente l'istituto della delega di funzioni, ma la giurisprudenza ne riconosce l’efficacia, con precisi limiti e condizioni. Il delegante ha l'obbligo di vigilanza  «in ordine al corretto espletamento da parte del delegato delle funzioni trasferite»; si tratta di obbligo di vigilanza “ alta”  

Il Tribunale di Cuneo ha ritenuto A.F. e M.C. colpevoli del reato di cui agli arti. 110 e 40, secondo comma, cod. pen., 256, comma 2, d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152 per aver violato le disposizioni sul deposito temporaneo di rifiuti nel luogo di produzione, condannandoli alla pena di 1200 Euro di ammenda ciascuno. Gli imputati sono stati ritenuti responsabili quali componenti del consiglio di amministrazione della A.F.gru Srl e in concorso con C.F., consigliere delegato in via esclusiva per le materie della sicurezza ambientale e dello smaltimento dei rifiuti, per non aver vigilato in ordine al corretto espletamento delle funzioni a quest'ultimo delegate.

Secondo la ricostruzione contenuta nella sentenza:

-  non era contestata la sussistenza delle plurime violazioni penalmente rilevanti poste a base della condanna per il ritenuto reato di deposito incontrollato di rifiuti nel luogo di produzione in conseguenza della specifica violazione delle regole sul deposito temporaneo poste dall'art. 183, lett. bb), nn. 2 e 3, d.lgs. 152 del 2006;

- gli imputati potevano e dovevano rendersi conto di tali violazioni, trattandosi di un'impresa a gestione familiare: quantomeno con riguardo al deposito dei rifiuti - accatastati alla rinfusa senza essere ripartiti per categorie omogenee in vasti spazi interni all'area aziendale recintata, all'interno della quale si trovano anche gli uffici ove gli imputati svolgevano abitualmente la loro attività - fosse palese e macroscopica la violazione del richiamato disposto di legge, che poteva essere rilevata anche da chi non avesse particolari competenze tecniche;

Con il ricorso gli imputati deducevano la violazione della norma incriminatrice ed il vizio di motivazione per essere stata affermata la loro responsabilità penale, con valutazioni generiche e pretestuose, senza che fosse stato accertato il grado dell'effettiva partecipazione al reato contestato, così snaturando l'istituto della delega di funzioni, delega pur ritenuta valida ed efficace anche a fronte di un'effettiva ripartizione di compiti e mansioni tra i diversi componenti del consiglio di amministrazione della società. Pena il venir meno dell'efficacia della delega - rilevano i ricorrenti - l'obbligo di vigilanza affermato dal giudice deve trovare un equilibrio con il divieto di ingerenza nella sfera del delegato. Tenendo anche conto delle specifiche conoscenze tecniche che la materia ambientale presuppone, nulla poteva essere rimproverato agli imputati, che assolvevano al dovere di vigilanza sull'operato del consigliere delegato C.F. attraverso le periodiche riunioni del c.d.a.

Nel dichiarare infondato il ricorso la Suprema Corte ha precisato:

 

LA SENTENZA

Presidente: IZZO FAUSTO Relatore: REYNAUD GIANNI FILIPPO Data Udienza: 12/02/2020

 

Fatto

 

  1. Con sentenza del 12 marzo 2019, il Tribunale di Cuneo ha ritenuto A.F. e M.C. colpevoli del reato di cui agli arti. 110 e 40, secondo comma, cod. pen., 256, comma 2,d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152per aver violato le disposizioni sul deposito temporaneo di rifiuti nel luogo di produzione, condannandoli alla pena di 1200 Euro di ammenda ciascuno. Gli imputati sono stati ritenuti responsabili quali componenti del consiglio di amministrazione della A.F.gru Srl e in concorso con C.F., consigliere delegato in via esclusiva per le materie della sicurezza ambientale e dello smaltimento dei rifiuti, per non aver vigilato in ordine al corretto espletamento delle funzioni a quest'ultimo delegate.
    2. Avverso la sentenza, ha proposto unico ricorso per cassazione il difensore degli imputati deducendo la violazione della norma incriminatrice ed il vizio di motivazione per essere stata affermata la loro responsabilità penale, con valutazioni generiche e pretestuose, senza che fosse stato accertato il grado dell'effettiva partecipazione al reato contestato, così snaturando l'istituto della delega di funzioni, delega pur ritenuta valida ed efficace anche a fronte di un'effettiva ripartizione di compiti e mansioni tra i diversi componenti del consiglio di amministrazione della società. Pena il venir meno dell'efficacia della delega - rilevano i ricorrenti - l'obbligo di vigilanza affermato dal giudice deve trovare un equilibrio con il divieto di ingerenza nella sfera del delegato. Tenendo anche conto delle specifiche conoscenze tecniche che la materia ambientale presuppone, nulla poteva essere rimproverato agli imputati, che assolvevano al dovere di vigilanza sull'operato del consigliere delegato C.F. attraverso le periodiche riunioni del c.d.a.

 

 

Diritto

 


  1. Il ricorso non è fondato.

Benché la disciplina normativa in tema di gestione dei rifiuti e di obblighi, anche penalmente sanzionati, che gravano sui soggetti produttori e smaltitori non codifichi espressamente l'istituto della delega di funzioni, questa Corte, in analogia ai principi affermati con riguardo ai reati commessi con la violazione delle disposizioni in materia di igiene e prevenzione degli infortuni sul lavoro, ne ha da tempo riconosciuto l'efficacia, precisandone anche gli stringenti requisiti di validità. Si è così affermato che, in materia ambientale, per attribuirsi rilevanza penale all'istituto della delega di funzioni, è necessaria la compresenza di precisi requisiti: a) la delega deve essere puntuale ed espressa, con esclusione in capo al delegante di poteri residuali di tipo discrezionale; b) il delegato deve essere tecnicamente idoneo e professionalmente qualificato per lo svolgimento del compito affidatogli; c) il trasferimento delle funzioni delegate deve essere giustificato In base alle dimensioni dell'impresa o, quantomeno, alle esigenze organizzative della stessa; d) la delega deve riguardare non solo le funzioni ma anche i correlativi poteri decisionali e di spesa; e) l'esistenza della delega deve essere giudizialmente provata in modo certo (Sez. 3, n. 6420 del 07/11/2007, dep. 2008, Girolimetto, Rv. 238980). Questi principi - sostanzialmente analoghi a quelli successivamente delineati dal legislatore nell'art. 16 d.lgs. 9 aprile 2008, n. 81, con riguardo alla delega di funzioni da parte del datore di lavoro in ordine all'adozione delle misure di tutela della salute e sicurezza dei lavoratori - debbono essere certamente qui ribaditi. Proprio l'analogia con l'istituto fatto oggetto di espressa codificazione, poi, impone di estendere anche alla delega in materia di attuazione delle disposizioni sulla gestione dei rifiuti l'obbligo di vigilanza del delegante «in ordine al corretto espletamento da parte del delegato delle funzioni trasferite» (art. 16, comma 3, d.lgs. n. 81 del 2008).

Si tratta, invero, di una conseguenza connaturata al sistema di responsabilità delineato dalla legge, in termini non dissimili, in capo a chi professionalmente svolga attività costituenti fonte di rischio per beni primari che formano peraltro oggetto di protezione costituzionale, come l'ambiente in senso lato (art. 9, secondo comma, Cost.), la salute (art. 32 Cost.), l'utilità sociale e la sicurezza (art. 41, secondo comma, Cost.), la tutela del suolo (art. 44 Cost.). La posizione di garanzia attribuita dalla legge ai soggetti titolari d'impresa rispetto alla protezione di tali beni nello svolgimento delle attività economiche, la natura contravvenzionale ed il conseguente titolo d'imputazione anche soltanto colposo del reati posti a presidio di tali beni non consentono di ritenere che l'imprenditore possa chiamarsi fuori dalle responsabilità nei suoi confronti previste (in materia di igiene e sicurezza sul lavoro, come di gestione dei rifiuti) limitandosi a delegare ad altri l'adempimento degli specifici obblighi di legge, senza vigilare sul corretto espletamento delle funzioni trasferite. Di qui la permanenza della responsabilità penale del delegante che, in caso di commissione di reati colposi da parte del delegato, non abbia ottemperato all'obbligo di vigilanza e controllo (per l'affermazione di tali principi in materia di infortuni sul lavoro, v. Sez. 4, n. 24908 del 29/01/2019, Ferrari, Rv. 276335; Sez. 4, n. 39158 del 18/01/2013, Zugno e aa., Rv. 256878). Quanto alla natura ed ai contenuti dell'obbligo di vigilanza del delegante, non v'è dubbio che gli stessi siano distinti da quelli che incombono sul delegato - al quale vengono affidate le competenze afferenti alla gestione del rischio che di volta in volta viene in rilievo - sì che non è imposto il controllo, momento per momento, delle modalità di svolgimento delle funzioni trasferite, essendo invece richiesto di verificare la correttezza della complessiva gestione del rischio da parte del delegato (così, sempre in materia di responsabilità del datore di lavoro in caso di infortuni, Sez. 4, n. 22837 del 21/04/2016, Visconti, Rv. 267319; Sez. 4, n. 10702 del 01/02/2012, Mangone, Rv. 252675). Da ciò deriva che se il delegante abbia contezza - o possa averla, con l'uso della diligenza richiesta a chi continua a ricoprire una, pur diversa, posizione di garanzia - dell'inadeguato esercizio della delega e non intervenga (richiamando il delegato all'osservanza delle regole, verificando poi che questo avvenga, revocando la delega nei casi più gravi o di continuato inadempimento delle funzioni) lo stesso risponde dei reati commessi dal delegato ai sensi dell'art. 40, secondo comma, cod. pen.
2. A fronte di una specifica imputazione formulata nei richiamati termini, la sentenza impugnata - reputa il Collegio - ha fatto corretta applicazione di tali principi, da un lato ritenendo l'efficacia e validità della delega conferita al componente del consiglio d'amministrazione C.F. in materia di sicurezza ambientale e smaltimento dei rifiuti, d'altro lato argomentando, con motivazione non illogica, che gli odierni ricorrenti erano incorsi in colpevole inadempimento dell'obbligo di vigilanza loro imposto quali membri dello stesso c.d.a.
Non essendo contestata la sussistenza delle plurime violazioni penalmente rilevanti poste a base della condanna per il ritenuto reato di deposito incontrollato di rifiuti nel luogo di produzione in conseguenza della specifica violazione delle regole sul deposito temporaneo poste dall'art. 183, lett. bb), nn. 2 e 3, d.lgs. 152 del 2006, la sentenza argomenta come gli imputati potessero e dovessero rendersi conto di tali violazioni. In particolare, trattandosi di un'impresa a gestione familiare, il giudice ha precisato che, quantomeno con riguardo al deposito dei rifiuti - accatastati alla rinfusa senza essere ripartiti per categorie omogenee in vasti spazi interni all'area aziendale recintata, all'interno della quale si trovano anche gli uffici ove gli imputati svolgevano abitualmente la loro attività - fosse palese e macroscopica la violazione del richiamato disposto di legge, che poteva essere rilevata anche da chi non avesse particolari competenze tecniche.
Contrariamente a quanto allegano, genericamente, i ricorrenti, la motivazione è del tutto logica ed individua con precisione i termini del rimprovero per violazione dell'obbligo di vigilanza sul corretto espletamento della delega di funzioni nella specie commesso dagli imputati e posto a base della loro concorsuale affermazione di responsabilità. Nessun rilievo, per converso, rivestono in questa sede le ragioni che hanno indotto il tribunale a ritenere insufficiente la prova della colpevolezza del quarto componente del c.d.a., E. M., trattandosi di posizione che non costituisce oggetto di scrutinio nel presente giudizio e che, quand'anche non logicamente esaminata nella sentenza di merito, non potrebbe in alcun modo rilevare con riguardo al giudizio, necessariamente individualizzato, da compiersi nei riguardi degli odierni ricorrenti.
3. I ricorsi debbono pertanto essere rigettati con condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali.
 

P.Q.M.

Rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali. Si dà atto che il presente provvedimento è sottoscritto dal solo presidente del collegio per impedimento dell'estensore, ai sensi dell'art. 1, comma 1, lett. a), del d.p.c.m. 8 marzo 2020.
Così deciso il 12 febbraio 2020.