Confisca per reati fiscali: il giudice deve tenere in considerazione l’avvenuto pagamento in adesione
In virtù dell’art. 12-bis d.lgs. n. 74/2000, secondo cui la confisca diretta o per equivalente non opera per la parte che il contribuente si impegna a versare all’erario anche in presenza di sequestro, si riferisce alle assunzioni d’impegno nei termini riconosciuti e ammessi dalla legislazione tributaria di settore (Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza n. 6249/20; depositata il 18 febbraio)
Il Tribunale di Arezzo, in funzione di Giudice dell’esecuzione, revocava parzialmente la confisca per equivalente disposta in relazione ai reati di cui agli artt. 5 e 10-ter d.lgs. n. 74/2000 in parziale accoglimento dell’istanza di revoca della confisca presentata da M.C.A. riducendo la confisca a 157.762 Euro - pari all’ammontare di imposte e interesse pagati al fisco per l’adesione all’annualità 2007 rigettando le ulteriori richieste.
Il ricorrente censurava l’ordinanza impugnata, nella parte in cui aveva disposto la confisca di una somma pari al profitto del reato tributario, seppur prevedendo una decurtazione di detto importo, nonostante l’intervenuto pagamento del debito d’imposta, di sanzioni ed interessi a seguito di adesione intervenuta in data 24/11/2011 - per affetto della quale l’imposta dovuta per l’anno 2007 veniva determinata in 157.762 Euro, mentre l’iva veniva riconosciuta come non dovuta per difetto di territorialità dell’operazione - considerando che l’ammontare oggetto di adesione, pari a Euro 439.092,01, è stato integralmente pagato, come ad attestazione allegata al ricorso. A tal proposito, in relazione all’interpretazione del D.Lgs. n. 74 del 2000, art. 12-bis, comma 2, il ricorrente osservava che: a) si deve attribuire rilevanza alla quantificazione del profitto del reato operata in sede amministrativa, al fine di escludere la confiscabilità di tale profitto, anche laddove sia divergente rispetto a quella acquisita in sede penale, in ragione dell’intervenuto accordo tra il contribuente e l’Agenzia delle entrate; b) in caso di annullamento della cartella esattoriale da parte della commissione tributaria e di correlato provvedimento di sgravio da parte dell’amministrazione finanziaria, non potrebbe disporsi la confisca, anche per equivalente, del profitto; c) essendo la confisca del profitto dei reati tributari disposta a garanzia della pretesa tributaria, essa non potrebbe disporsi laddove non vi sia più la pretesa tributaria. Il giudice penale, sostiene il ricorrente, ben potrebbe giungere ad una diversa quantificazione dell’imposta evasa in relazione a diversi fini (valutazione degli elementi costitutivi del reato, verifica del superamento della soglia di punibilità, determinazione della pena da irrogare), ma non può disporre la confisca, laddove l’Erario abbia già riscosso quanto preteso dal contribuente, anche se questi ha operato il pagamento per un importo inferiore a quello accertato in sede penale. Nella vicenda in esame, chiarito che l’adesione è intervenuta il 24/01/2011, quindi prima del passaggio in giudicato della sentenza (il 23/02/2011), si assume che, fermo restando gli effetti che derivano dalla sentenza di condanna, non dovrebbe disporsi confisca per equivalente del profitto del reato sia perché tale profitto fu calcolato in maniera errata nel PVC, sia perché non sussisterebbe più a seguito del versamento delle somme dovute da parte del contribuente. La circostanza che il Tribunale abbia decurtato dalla somma confiscata l’importo di Euro 157.762,00, pagato nell’ambito del procedimento con adesione, dimostrerebbe che la confisca disposta in sede esecutiva ben potrebbe tener conto dei fatti sopravvenuti, quali il pagamento del debito tributario.
La Corte di Cassazione ha ritenuto fondato il ricorso e annullato l’ordinanza impugnata, con rinvio per un nuovo esame al Tribunale.
“Il Tribunale ha rigettato, nel resto, l’istanza, sul presupposto dell’intangibilità del giudicato, che copre anche l’entità del profitto, il che può comportare la non corrispondenza con l’accertamento compiuto a seguito della definizione del contenzioso tributario, ma che rappresenta uno dei possibili corollari del sistema del c.d. doppio binario, stante l’abolizione della pregiudiziale tributaria. Pertanto, ad avviso del Tribunale, "la vicenda definita con sentenza penale è quindi del tutto impermeabile rispetto a ciò che, successivamente, accade o possa accadere in sede tributaria" (p. 10). 4. Ciò chiarito, il ricorso è fondato.5. Pur prescindendo della correttezza giuridica delle argomentazioni sviluppate nell’ordinanza impugnata, secondo cui - in estrema sintesi - il giudicato è totalmente impermeabile agli accertamenti in sede amministrativa nel particolare caso in cui la confisca non sia stata disposta con la sentenza di condanna o di patteggiamento, dette argomentazioni - si ripete, afidi là della loro plausibilità - poggiano su un dato fattuale travisato, perché l’accertamento con adesione e il relativo pagamento del dovuto si è perfezionato in data 24/11/2011: prima del passaggio in giudicato di entrambe le sentenze.
Ciò mina alla radice la motivazione della sentenza impugnata, la quale, nell’affermare l’assoluta impermeabilità del giudicato penale rispetto ai provvedimenti emessi in sede tributaria, ha omesso di considerare che il pagamento di quanto dovuto dal contribuente a seguito di adesione è avvenuto prima del passaggio in giudicato delle due sentenze ex art. 444 c.p.p. che avevano omesso ogni statuizione in ordine alla confisca.
Di conseguenza, in sede di determinazione del profitto confiscabile, il giudice dell’esecuzione dovrà necessariamente considerare l’avvenuto pagamento dell’imposta a seguito di accordo con l’amministrazione finanziaria. E ciò in quanto, come a più riprese affermato da questa Corte di legittimità, la previsione di cui al D.Lgs. n. 74 del 2000, art. 12-bis, secondo la quale la confisca, diretta o per equivalente, "non opera per la parte che il contribuente si impegna a versare all’erario anche in presenza di sequestro", si riferisce alle assunzioni d’impegno nei termini riconosciuti e ammessi dalla legislazione tributaria di settore (accertamento con adesione, conciliazione giudiziale, transazione fiscale, attivazione di procedure di rateizzazione automatica o a domanda (Sez. 3, n. 42470 del 13/07/2016 - dep. 07/10/2016, Orsi, Rv. 268383; Sez. 3, n. 28225 del 09/02/2016 - dep. 07/07/2016, Passamonti, Rv. 267334).
È ben vero che il giudice, nella determinazione del profitto confiscabile, non è vincolato all’imposta risultante a seguito dell’accertamento con adesione o del concordato fiscale tra l’amministrazione finanziaria ed il contribuente; e tuttavia, per potersi discostare dal dato quantitativo convenzionalmente accertato e tener invece conto dell’iniziale pretesa tributaria dell’Erario, occorre che risultino concreti elementi di fatto che rendano maggiormente attendibile l’originaria quantificazione dell’imposta dovuta (Sez. 3, n. 29091 del 04/04/2019 - dep. 03/07/2019, Nugo, Rv. 276756).“
FATTO
Con l’impugnata ordinanza, il Tribunale di Arezzo, in funzione di giudice dell’esecuzione, in parziale accoglimento dell’istanza di revoca della confisca presentata da M.C.A. , riduceva a 157.762 Euro - pari all’ammontare di imposte e interesse pagati al fisco per l’adesione all’annualità 2007 - l’importo della somma oggetto di confisca per equivalente disposta con decreto emesso dal Tribunale di Arezzo in data 18/12/2018, come modificato a seguito dell’ordinanza del 15/02/2019, in relazione alle sentenze emesse dal Tribunale di Arezzo in data 14/10/2011 per il reato di cui al D.Lgs. n. 74 del 2000, art. 5, relativo agli anni 2006 e 2007, e in data 12/04/2012 per il reato di cui al D.Lgs. n. 74 del 2000, art. 10-ter, relativo all’anno 2007, rigettando le ulteriori richieste.
2. Avverso l’indicata ordinanza, l’imputato, per il tramite del difensore di fiducia, propone ricorso per Cassazione, affidato a quattro motivi.
2.1. Con il primo motivo si deduce la violazione dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b) per inosservanza o erronea applicazione della legge penale, in relazione al D.Lgs. n. 74 del 2000, art. 12-bis. Il ricorrente censura l’ordinanza impugnata, nella parte in cui ha disposto la confisca di una somma pari al profitto del reato tributario, seppur prevedendo una decurtazione di detto importo, nonostante l’intervenuto pagamento del debito d’imposta, di sanzioni ed interessi a seguito di adesione intervenuta in data 24/11/2011 - per affetto della quale l’imposta dovuta per l’anno 2007 veniva determinata in 157.762 Euro, mentre l’iva veniva riconosciuta come non dovuta per difetto di territorialità dell’operazione - considerando che l’ammontare oggetto di adesione, pari a Euro 439.092,01, è stato integralmente pagato, come ad attestazione allegata al ricorso.
A tal proposito, in relazione all’interpretazione del D.Lgs. n. 74 del 2000, art. 12-bis, comma 2, si osserva che: a) si deve attribuire rilevanza alla quantificazione del profitto del reato operata in sede amministrativa, al fine di escludere la confiscabilità di tale profitto, anche laddove sia divergente rispetto a quella acquisita in sede penale, in ragione dell’intervenuto accordo tra il contribuente e l’Agenzia delle entrate; b) in caso di annullamento della cartella esattoriale da parte della commissione tributaria e di correlato provvedimento di sgravio da parte dell’amministrazione finanziaria, non potrebbe disporsi la confisca, anche per equivalente, del profitto; c) essendo la confisca del profitto dei reati tributari disposta a garanzia della pretesa tributaria, essa non potrebbe disporsi laddove non vi sia più la pretesa tributaria. Il giudice penale, sostiene il ricorrente, ben potrebbe giungere ad una diversa quantificazione dell’imposta evasa in relazione a diversi fini (valutazione degli elementi costitutivi del reato, verifica del superamento della soglia di punibilità, determinazione della pena da irrogare), ma non può disporre la confisca, laddove l’Erario abbia già riscosso quanto preteso dal contribuente, anche se questi ha operato il pagamento per un importo inferiore a quello accertato in sede penale. Nella vicenda in esame, chiarito che l’adesione è intervenuta il 24/01/2011, quindi prima del passaggio in giudicato della sentenza (il 23/02/2011), si assume che, fermo restando gli effetti che derivano dalla sentenza di condanna, non dovrebbe disporsi confisca per equivalente del profitto del reato sia perché tale profitto fu calcolato in maniera errata nel PVC, sia perché non sussisterebbe più a seguito del versamento delle somme dovute da parte del contribuente. La circostanza che il Tribunale abbia decurtato dalla somma confiscata l’importo di Euro 157.762,00, pagato nell’ambito del procedimento con adesione, dimostrerebbe che la confisca disposta in sede esecutiva ben potrebbe tener conto dei fatti sopravvenuti, quali il pagamento del debito tributario.
2.2. Con il secondo motivo si eccepisce la violazione dell’art. 606 c.p.p., comma 1, b) per inosservanza o erronea applicazione della legge penale, in riferimento all’art. 2 c.p., comma 2. Osserva il ricorrente che, essendo l’art. 12-bis stato introdotto nel 2015 avrebbe dovuto trovare piena applicazione alla misura della confisca, disposta nel 2018, ai sensi dell’art. 2 c.p., norma applicabile avendo la confisca per equivalente natura sanzionatoria.
2.3. Con il terzo motivo si lamenta la violazione dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b) per inosservanza o erronea applicazione di legge, con riferimento all’esistenza del giudicato sull’imposta evasa. A dire del ricorrente, nel caso di specie il giudicato penale non coprirebbe la quantificazione dell’imposta evasa, essendosi la sentenza di patteggiamento limitata a rinviare alla formulazione del capo d’imputazione e alla quantificazione dei tributi evasi svolta sulla base del PVC, da ritenersi "precario", come sostenuto dagli stessi verbalizzanti, perché non si è tenuto conto dei costi sostenuti dalla Dynamic Clothes Ltd. per l’acquisto della merce poi venduta in evasione d’imposta. A seguito della trasmissione del PVC, l’Agenzia delle Entrate ha rideterminato il reddito tassabile, in base ai costi sostenuti per l’acquisto della merce, con riduzione, per l’effetto, delle imposte (Ires evasa Euro 242.711,00 e Iva evasa 735.488,83). Successivamente, su proposizione dell’eccezione di non debenza dell’Iva da parte della società per difetto di territorialità, l’IVA è stata riconosciuta come non dovuta e veniva altresì rideterminato, con procedimento di accertamento con adesione, l’importo l’Ires, oltre interessi e sanzioni, in complessivi Euro 439.092,01. Pertanto, la valutazione del profitto operata dall’Agenzia delle Entrate sarebbe idonea a superare, in ordine all’accertamento dell’entità del profitto, l’accertamento sommario effettuato dal giudice penale.
2.4. Con il quarto motivo si deduce la violazione dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b) per inosservanza o erronea applicazione della legge penale, in ordine alla violazione del principio del ne bis in idem. Stente la natura sanzionatoria della confisca per equivalente, essa, se applicata nel caso in esame, sarebbe vessatoria, perché non terrebbe conto dell’intervenuto pagamento del debito tributario, comprensivo di interessi e sanzioni.
3. In data 06/11/2019 i difensori di M.C.A. hanno depositato memoria, con cui, sviluppando le argomentazioni dedotte con il ricorso, insistono per l’annullamento del provvedimento impugnato.
CONSIDERATO IN DIRITTO
- Il ricorso è fondato per i motivi di seguito indicati.
2. In via preliminare, la vicenda processuale è ricostruita nei termini che seguono.
2.1. A carico del ricorrente, sono state emesse dal Tribunale di Arezzo due sentenze ex art. 444 c.p.p.: l’una, in data 14/12/2011 (irr. il 23/02/2012), per il reato di cui al D.Lgs. n. 74 del 2000, art. 5 relativo agli anni 2006 e 2007 (in cui si contesta l’omesso versamento di: ires anno 2006 pari a 834.848,19 Euro; iva anno 2006 pari a 505.968,60 Euro; ires anno 2007 pari a 1.123.556,57 Euro; iva anno 2007 pari a 735.488,83 Euro); l’altra, in data 12/04/2012 (irr. il 14/05/2012), per il reato di cui al D.Lgs. n. 74 del 2000, art. 10-ter relativo all’anno 2007, per l’omesso versamento di ritenute alla fonte pari a 519.690 Euro. Nessuna di dette sentenze aveva disposto la confisca a carico del M. .
2.2. In data 24/11/2011 l’agenzia delle entrate ha rideterminato l’ires dovuta per l’anno 2007 in 157.762 Euro, mentre l’iva veniva riconosciuta come non dovuta per difetto di territorialità dell’operazione; l’ammontare oggetto di adesione, pari a 439.092,01, è stato integralmente pagato (doc. 6 allegato al ricorso).
2.3. Con decreto del 28/12/2018, il Tribunale, in funzione del giudice dell’esecuzione, ha disposto la confisca per equivalente delle somme corrispondenti agli importi delle imposte evase, come indicati nelle sentenze dinanzi riportate.
2.4. A seguito di opposizione, il Tribunale, con ordinanza del 15/02/2019, ha revocato la confisca limitatamente alle imposte di cui alla prima sentenza con riguardo all’annualità 2006, confermando per il resto il provvedimento opposto (e quindi gli importi relativi all’annualità 2007 contestati in entrambe le sentenze).
3. Con l’ordinanza impugnata, il Tribunale ha ridotto la confisca della somma pari a 157.762 Euro, pari alla somma pagata per l’Ires 2007, come riferito dalla direzione provinciale di Arezzo dell’Agenzia delle Entrate.
Il Tribunale ha rigettato, nel resto, l’istanza, sul presupposto dell’intangibilità del giudicato, che copre anche l’entità del profitto, il che può comportare la non corrispondenza con l’accertamento compiuto a seguito della definizione del contenzioso tributario, ma che rappresenta uno dei possibili corollari del sistema del c.d. doppio binario, stante l’abolizione della pregiudiziale tributaria. Pertanto, ad avviso del Tribunale, "la vicenda definita con sentenza penale è quindi del tutto impermeabile rispetto a ciò che, successivamente, accade o possa accadere in sede tributaria" (p. 10).
4. Ciò chiarito, il ricorso è fondato.
5. Pur prescindendo della correttezza giuridica delle argomentazioni sviluppate nell’ordinanza impugnata, secondo cui - in estrema sintesi - il giudicato è totalmente impermeabile agli accertamenti in sede amministrativa nel particolare caso in cui la confisca non sia stata disposta con la sentenza di condanna o di patteggiamento, dette argomentazioni - si ripete, afidi là della loro plausibilità - poggiano su un dato fattuale travisato, perché l’accertamento con adesione e il relativo pagamento del dovuto si è perfezionato in data 24/11/2011: prima del passaggio in giudicato di entrambe le sentenze.
Ciò mina alla radice la motivazione della sentenza impugnata, la quale, nell’affermare l’assoluta impermeabilità del giudicato penale rispetto ai provvedimenti emessi in sede tributaria, ha omesso di considerare che il pagamento di quanto dovuto dal contribuente a seguito di adesione è avvenuto prima del passaggio in giudicato delle due sentenze ex art. 444 c.p.p. che avevano omesso ogni statuizione in ordine alla confisca.
Di conseguenza, in sede di determinazione del profitto confiscabile, il giudice dell’esecuzione dovrà necessariamente considerare l’avvenuto pagamento dell’imposta a seguito di accordo con l’amministrazione finanziaria. E ciò in quanto, come a più riprese affermato da questa Corte di legittimità, la previsione di cui al D.Lgs. n. 74 del 2000, art. 12-bis, secondo la quale la confisca, diretta o per equivalente, "non opera per la parte che il contribuente si impegna a versare all’erario anche in presenza di sequestro", si riferisce alle assunzioni d’impegno nei termini riconosciuti e ammessi dalla legislazione tributaria di settore (accertamento con adesione, conciliazione giudiziale, transazione fiscale, attivazione di procedure di rateizzazione automatica o a domanda (Sez. 3, n. 42470 del 13/07/2016 - dep. 07/10/2016, Orsi, Rv. 268383; Sez. 3, n. 28225 del 09/02/2016 - dep. 07/07/2016, Passamonti, Rv. 267334).
È ben vero che il giudice, nella determinazione del profitto confiscabile, non è vincolato all’imposta risultante a seguito dell’accertamento con adesione o del concordato fiscale tra l’amministrazione finanziaria ed il contribuente; e tuttavia, per potersi discostare dal dato quantitativo convenzionalmente accertato e tener invece conto dell’iniziale pretesa tributaria dell’Erario, occorre che risultino concreti elementi di fatto che rendano maggiormente attendibile l’originaria quantificazione dell’imposta dovuta (Sez. 3, n. 29091 del 04/04/2019 - dep. 03/07/2019, Nugo, Rv. 276756).
6. Ne segue che l’ordinanza impugnata deve essere annullata con rinvio al Tribunale di Arezzo per nuovo esame.
P.Q.M.
Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia per nuovo esame al Tribunale di Arezzo.