Non è applicabile la sospensione condizionale della pena all'ente condannato ex D.Lgs. 231/2001
L’istituto della sospensione condizionale della pena non è applicabile alle sanzioni inflitte agli enti a seguito dell’accertamento della relativa responsabilità da reato ai sensi della L. n. 231 del 2001, la cui natura amministrativa non consente l’applicabilità di istituti giuridici specificamente previsti per le sanzioni di natura penale.
Cassazione penale sez. III - 23/09/2020, n. 30305
Con la sentenza in commento la Suprema Corte conferma il proprio orientamento circa la non applicabilità dell’istituto della sospensione condizionale della pena alle sanzioni inflitte in conseguenza dell’accertamento della responsabilità dell’ente ex D.Lgs. 231/2001.
Nel caso oggetto della pronuncia la Società adiva il Giudice dell’esecuzione al fine di ottenere la correzione dell’errore materiale contenuto nella sentenza di primo grado. La doglianza riguardava appunto la mancata applicazione alla società del beneficio della sospensione condizionale della pena in sede di applicazione pena su richiesta delle parti.
Avverso l’ordinanza che rigettava la domanda di correzione, la Società proponeva ricorso per Cassazione ex art. 606 co. 1 l. b) c.p.p. adducendo come unico motivo l’inosservanza degli artt. 133, 163 c.p. e degli artt. 3 e 444 c.p.p..
La richiesta di applicazione pena avanzata dalla ricorrente era infatti espressamente condizionata all’applicazione del beneficio della sospensione della pena. Di conseguenza il G.I.P., nel caso in cui avesse ritenuto illegittima l’applicazione dell’art. 163 c.p. al caso di specie, avrebbe dovuto rigettare in toto l’istanza della Società.
La Suprema Corte, nel dichiarare inammissibile –in quanto manifestamente infondato- il ricorso proposto, ribadisce quanto già affermato in passato (Cass. Pen. sez. IV, 25/06/2013, n. 42503): “l’istituto della sospensione condizionale della pena non è applicabile alle sanzioni inflitte agli enti a seguito dell’accertamento della relativa responsabilità da reato ai sensi della L. n. 231 del 2001, la cui natura amministrativa non consente l’applicabilità di istituti giuridici specificamente previsti per le sanzioni di natura penale”.
Pur non avendo previsto la possibilità per l’ente di godere del beneficio della sospensione della pena, il legislatore non è rimasto indifferente all’incisività delle sanzioni conseguenti a una condanna ex D.Lgs. 231/2001 sulla vita dell’ente condannato.
Se è vero infatti che le sanzioni previste dal decreto sono formalmente sanzioni amministrative, risulta tuttavia ictu oculi il loro carattere sostanzialmente penale, soprattutto con riguardo alle sanzioni interdittive.
Si tratta infatti di sanzioni connotate da una spiccata funzione di prevenzione speciale che, interdicendo o comunque limitando le attività in occasione o per mezzo delle quali è stato commesso il reato presupposto, manifestano un carattere particolarmente afflittivo.
Il legislatore del 2001 ha dunque previsto un istituto volto a operare in anticipo rispetto alla sanzione con il precipuo scopo di evitarne l’applicazione.
L’art. 17 D. Lgs. 231/2001, rubricato “Riparazione delle conseguenze del reato”, consente infatti di evitare l’applicazione di sanzioni interdittive e di sospendere l’esecuzione di misure cautelari eventualmente disposte nei suoi confronti se, prima dell’apertura del dibattimento, l’ente:
- ha risarcito integralmente il danno ed eliminato le conseguenze dannose o pericolose del reato;
- ha eliminato altresì le carenze organizzative che hanno determinato il reato mediante l’adozione di idonei modelli organizzativi;
- ha messo a disposizione il profitto conseguito alla commissione del reato presupposto al fine di consentirne la confisca da parte dell’autorità giudiziaria.
In conclusione, posta la non applicabilità dell’art. 163 c.p. in virtù della natura amministrativa delle sanzioni, il beneficio trova nel summenzionato art. 17 un’alternativa interna al sistema 231, caratterizzata dalla stessa funzione special-preventiva che il legislatore persegue anche con l’istituto della sospensione condizionale della pena (si veda in tal senso Cassazione penale sez. II, 15/12/2011, n.10822), in particolare nei casi in cui la stessa sia subordinata all’adempimento degli obblighi previsti all’art. 165 c.p..
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Cassazione penale sez. III - 23/09/2020, n. 30305
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati
Dott. IZZO Fausto Presidente
Dott. SEMERARO Luca Consigliere
Dott. NOVIELLO Giuseppe Rel. Consigliere
Dott. MACRI' Ubalda Consigliere
Dott. ZUNICA Fabio Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
Locorriere s.r.l., mediante il rapp.te legale L.L., nato a (OMISSIS);
avverso la ordinanza del 26/02/2019 del Tribunale di Bari;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Noviello Giuseppe;
lette le conclusioni del Sostituto Procuratore generale Dott.
Angelillis Ciro, che ha concluso chiedendo la dichiarazione di inammissibiltà del ricorso.
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Con ordinanza del 26 febbraio 2019 il giudice dell'esecuzione del tribunale di Bari, adito nell'interesse di L.L. per la correzione dell'errore materiale della sentenza 1492/15 emessa in data 13 luglio 2015 dal tribunale di Bari (irrevocabile il 3 ottobre 2015), mediante inserimento del beneficio della sospensione condizionale della pena in relazione alla sanzione amministrativa disposta nei confronti della società "Locorriere srl", di cui l'istante era rappresentante legale pro tempore, rigettava la domanda.
2. Avverso l'ordinanza suindicata del tribunale di Bari propone ricorso per cassazione L.L., mediante il proprio difensore, deducendo un unico motivo di impugnazione.
3. Deduce il vizio di cui all'art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b), per inosservanza delle norme di cui agli artt. 133 e 163 c.p., artt. 3 e 444 c.p.p.. Si premette che la richiesta di patteggiamento cui era seguita la sopra citata sentenza del Gip del tribunale di Bari, con la quale era stata tra l'altro applicata, ai sensi della L. n. 231 del 2001, la sanzione amministrativa di Euro 60.000, senza contestuale disposizione del beneficio della sospensione condizionale, era condizionata alla applicazione di quest'ultima. Pertanto, ove il gip avesse ritenuto illegittima la predetta richiesta avrebbe dovuto limitarsi a respingere la medesima con riguardo alla posizione della società "Locorriere srl". A fronte di ciò, la difesa aveva avuto modo di conoscere della esecutività della sanzione amministrativa - priva del beneficio della pena sospesa - solo a seguito della notifica della cartella esattoriale di pagamento della sanzione, ritenendo da quel momento che l'omissione in dispositivo della sospensione condizionale della pena fosse solo frutto di un mero errore del gip, con conseguente richiesta di correzione dell'errore materiale, non spettando al ricorrente farsi interprete di una decisione dell'A.G. che aveva ratificato in toto la richiesta ex art. 444 c.p.p..
4. Il motivo è manifestamente infondato in quanto l'istituto della sospensione condizionale della pena non è applicabile alle sanzioni inflitte agli enti a seguito dell'accertamento della relativa responsabilità da reato ai sensi della L. n. 231 del 2001, la cui natura amministrativa non consente l'applicabilità di istituti giuridici specificamente previsti per le sanzioni di natura penale (cfr. sez. 4 n. 42503 del 25/06/2013 Rv. 257126 – 01: il beneficio richiesto non può trovare applicazione nel sistema sanzionatorio delineato dalla L. n. 231 del 2001, relativa alla responsabilità degli enti, la quale ha natura amministrativa ed ove, pertanto, non possono trovare applicazione istituti giuridici specificatamente previsti per le sanzioni di natura penale.). Inoltre, per completezza, va rilevato come la richiesta di correzione, anche alla luce di quanto sopra rilevato, attiene al contenuto decisionale della pronunzia sotto un profilo di diritto, che non può essere modificato con la mera procedura della correzione di errore materiale. Infatti non può farsi ricorso alla predetta procedura da parte del giudice quando si realizzi un'indebita integrazione del dispositivo della sentenza di merito: tale è l'ipotesi di una modifica rilevante, essenziale e significativamente innovativa del contenuto della decisione, quale sarebbe, nel caso di specie - ed a prescindere dalla configurabilità del medesimo in favore di una persona giuridica per responsabilità amministrativa derivante da reato l'indicazione del beneficio della sospensione condizionale della pena (cfr. Sez. 1, n. 42897 del 25/09/2013 Rv. 257158 - 01 Gomma).
5. Sulla base delle considerazioni che precedono, la Corte ritiene pertanto.che il ricorso debba essere dichiarato inammissibile, con conseguente onere per la ricorrente, ai sensi dell'art. 616 c.p.p., di sostenere le spese del procedimento. Tenuto, poi, conto della sentenza della Corte costituzionale in data 13 giugno 2000, n. 186, e considerato che non vi è ragione di ritenere che il ricorso sia stato presentato senza "versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità", si dispone che la ricorrente versi la somma, determinata in via equitativa, di Euro mille in favore della Cassa delle Ammende.
P.Q.M.
dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro mille in favore della Cassa delle Ammende.
Motivazione semplificata.
Così deciso in Roma, il 23 settembre 2020
Depositato in Cancelleria il 2 novembre 2020